lunedì 20 giugno 2022
Anpi, Arci, Movimento europeo, Avvenire e altre organizzazioni firmano un documento per richiedere un intervento tempestivo di Ue e Onu
Appello per una proposta europea di cessate il fuoco in Ucraina / IL TESTO

Fotogramma

COMMENTA E CONDIVIDI

Una proposta di pace europea, che coinvolga il maggior numero possibile di organizzazioni internazionali, l’Onu e soprattutto la governance dell’Unione, chiamata ad assumersi al più presto la responsabilità di un’intermediazione a favore del cessate il fuoco in Ucraina. È l’obiettivo dell’appello firmato, tra gli altri, dal Consiglio italiano del Movimento Europeo, dall’Associazione partigiani (Anpi), dall’Arci, dalla Rete disarmo e dal direttore di Avvenire, Marco Tarquinio. Presentato ieri a Roma nella sede dell’ufficio italiano del Parlamento Europeo, il documento punta alla costruzione di un tavolo di pace simile a quello che portò agli accordi di Helsinki del 1975, dove però i protagonisti sulla sponda occidentale delle trattative furono gli Usa. L’intenzione dei proponenti è invece quella di sollecitare un’iniziativa europea, che consegni a Bruxelles le chiavi del processo di pace e il ruolo di leadership al tavolo tra le parti coinvolte.

IL TESTO INTEGRALE DELL'APPELLO

D’altronde, come si legge nell’appello, «la guerra è scoppiata in Europa e saranno i Paesi dell’Ue a sopportarne le conseguenze sociali, economiche, energetiche e militari». Ma anche a sostenere «buona parte del finanziamento e della ricostruzione delle città e delle infrastrutture ucraine». Ad ogni modo l’orizzonte auspicato resta comunque quello di un intervento diretto del Consiglio di sicurezza dell’Onu, per l’invio tempestivo di una forza di interposizione nel teatro del conflitto.

A ispirare il testo, non solo la spinta della composita galassia pacifista che da tempo chiede di far tacere le armi (una posizione per lo più ignorata dai media, benché maggioritaria tra la cittadinanza), ma anche l’articolo 11 della Costituzione, come ha ricordato Pier Virgilio Dastoli, presidente del Consiglio italiano del Movimento Europeo.

Sempre il numero uno del Cime ha poi denunciato il forte ritardo delle Nazioni unite nell’assumere un ruolo attivo per un dialogo tra le parti, assieme alla lunga attesa prima di una visita a Kiev del segretario generale Antonio Guterres (arrivata a tre mesi dallo scoppio delle ostilità). «Siamo stati accusati di faciloneria perché contrari alla guerra fin dall’inizio, ma siamo stati capaci di organizzare una missione a Leopoli e abbiamo portato indietro oltre 250 profughi – ha rivendicato da parte sua Franco Uda, membro della Presidenza nazionale dell’Arci –. Ma abbiamo sentito uno scollamento tra società civile e politica. Circa due cittadini su tre sono contrari alla guerra».

Per Tarquinio stiamo vivendo «uno scenario che sta trasformando il nostro continente in una trincea di guerra. Uno scontro che qualcuno vorrebbe diventasse tra mondi diversi. L’antidoto sta in un movimento popolare – ha spiegato –, alternativo a posizioni populiste ma anche belliciste. C’è però uno scarto tra alcune delle parole che circolano e gli atti messi in campo finora, che vanno in direzione ostinata e contraria rispetto al pacifismo». A ricordare le istanze portate avanti da papa Francesco è stato invece Gianfranco Pagliarulo, presidente nazionale dell’Anpi, secondo cui le parole del Pontefice andrebbero prese come «punto di riferimento», per tentare di evitare che la violenza prosegua e che la crisi economica peggiori coinvolgendo Paesi vicini e lontani. «Non è tempo di ultimatum – ha avvertito – servono proposte. La guerra peggiorerà la crisi e sta portando acqua alle destre sovraniste in tutta Europa».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI