sabato 18 luglio 2020
Kemo era stato vittima di un'aggressione un anno fa
Doveva essere assunto dalla Princes, ma ha scoperto di avere un glaucoma. La multinazionale: per noi non cambia nulla Kemo davanti al logo della multinazionale

Doveva essere assunto dalla Princes, ma ha scoperto di avere un glaucoma. La multinazionale: per noi non cambia nulla Kemo davanti al logo della multinazionale

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Kemo è davvero sfortunato. Stava vedendo la luce in fondo al tunnel della sua vita drammatica. Ma il buio è calato su uno dei suoi occhi. Quello colpito un anno fa, il 23 luglio 2019, da una grande pietra mentre in bicicletta all’alba stava andando a lavorare nelle campagne di Foggia. L’ultima e più grave di 4 aggressioni in appena 10 giorni, contro 9 immigrati africani. A lanciare le pietre due ventenni foggiani, poi arrestati con l’accusa di lesioni pluriaggravate, per motivi di discriminazione razziale. Accuse che ora, con l’aggravamento del ragazzo, potrebbero cambiare, come ci spiegano in procura.

Operato, accolto dalla Caritas, Kemo, gambiano di 23 anni, da 4 in Italia, stava per cominciare una nuova vita. Giovedì aveva l’appuntamento in Questura per il permesso di soggiorno, venerdì avrebbe firmato il contratto di lavoro con la Princes, la multinazionale agroalimentare molto attenta alla filiera etica e che da tempo collabora con la Caritas foggiana e altre organizzazioni impegnate nella lotta allo sfruttamento dei braccianti. Un contratto vero per Kemo, dopo anni di lavoro nero. Eravamo andati con lui alcuni giorni fa per incontrare l’amministratore delegato, Gianmarco Laviola. Il ragazzo era sorridente e curioso. Già aveva iniziato il corso sulla sicurezza. Tutto era pronto per la firma del contratto, mancava solo il documento della Questura.

Mercoledì la brutta notizia. «Mi fa male l’occhio, vedo tutto bianco» ha detto allarmato agli operatori della Caritas. E la visita al Pronto soccorso ha confermato la gravità della situazione: glaucoma, causato dal forte trauma. Ma la squadra che lo ha aiutato non lo abbandona.

Dalla Questura alla Princes che ha fatto sapere di non aver cambiato idea. La conferma di una scelta già fatta per altri dieci immigrati, col progetto 'Lavoro senza frontiere'. Sei assunti attraverso la Caritas di Foggia, due con quella di Lucera e due con l’associazione 'Terra! Onlus'. Alcuni abitavano nei ghetti, altri sono stati 'liberati' dallo sfruttamento grazie a inchieste della procura. «La nostra impostazione etica deriva dal Dna giapponese che pone l’uomo al centro», è la spiegazione di Laviola che ricorda come la Princes faccia parte del gigante Mitsubishi. «Per noi, il rispetto delle leggi e dei diritti umani viene prima del fatturato». Una scelta netta in un settore, quello del pomodoro, che, ricorda il manager, «per molti rappresenta lo sfruttamento». Un’azienda leader che nell’impianto dell’Incoronata a Foggia, trasforma il 20% del pomodoro pugliese, dando lavoro a 1.500 operai stagionali e 500 fissi. Ma, aggiunge Laviola, «la filiera etica non si può fermare ai cancelli. Ognuno deve fare la sua parte, dagli imprenditori agricoli alla grande distribuzione».

Così tutti i 320 agricoltori che riforniscono l’azienda devono rispettare degli standard rigidi sui diritti umani. «Per controllare mandiamo una squadra di nostri uomini, tra i quali due immigrati, che parlano coi braccianti. Abbiamo fatto più di 1.200 controlli sui campi. Non ci bastano le carte, andiamo a controllare i cedolini, i dispositivi di sicurezza, anche quelli per il Covid». In cambio Princes, grazie a un accordo con Coldiretti, garantisce agli agricoltori un prezzo equo, che permette di coprire tutte le spese di produzione e rimane uguale per tutta la stagione. «Tenendo troppo bassi i prezzi si favoriscono le scorciatoie, risparmiando sul costo del lavoro». Regole chiare e severe. Che pagano. «Qualcosa sta cambiando, i nostri clienti ci tengono a questa filiera etica». Ma non è solo questo il motivo. «Non potevamo far finta che gli sfruttati non esistessero. Certo non possiamo risolvere il problema, ma lanciare un segnale che si può fare. L’obiettivo è l’integrazione». Kemo quel giorno ascoltava con attenzione. «Sei pronto? Hai fatto la visita medica?». «Sì, tutto a posto». Era felice il ragazzo. «Voglio avere il permesso di soggiorno per lavoro, perchè io sono qui per lavorare» aveva spiegato. Un sogno che si stava realizzando. Tre giorni fa nuovamente il buio. «Tornerò come prima?», chiede preoccupato agli operatori Caritas. Lo rassicurano, così come lo rassicura Laviola. «Per noi è assunto. Ora si curi, lo aspettiamo. Farà parte della squadra dei controllori».


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