venerdì 28 ottobre 2022
Niente politici ieri sul palco. No alla guerra in Ucraina, il vescovo Di Donna: le armi non sono la soluzione, non possiamo assistere impotenti al rischio nucleare
Giovani manifestanti per la pace ieri in corteo a Napoli, dove è stata srotolata, nei pressi di Piazza del Plebiscito, un’enorme bandiera arcobaleno

Giovani manifestanti per la pace ieri in corteo a Napoli, dove è stata srotolata, nei pressi di Piazza del Plebiscito, un’enorme bandiera arcobaleno - Ansa

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«Cessate il fuoco». È questo il coro unanime che si alza da piazza del Plebiscito. È qui che ha luogo la manifestazione per la pace in Ucraina organizzata a Napoli dalla Regione Campania. Sono migliaia le bandiere arcobaleno sventolate da tanti dei 25mila studenti di oltre 200 scuole campane chiamati a raccolta in questa giornata dal presidente della Regione, Vincenzo De Luca.

Il giorno scelto da De Luca per «bloccare la guerra e poi insediare con le Nazioni Unite una conferenza di pace» è il 28 ottobre, nel quale ricorre il centenario della marcia dei fascisti su Roma. La manifestazione prende il via con una carrellata di immagini delle guerre del secolo scorso proiettata sul maxischermo collocato al centro del palco, accompagnata da celebri canzoni che inneggiano alla pace, tra cui l’immancabile “Imagine” di John Lennon e la meno scontata “Russians” di Sting. I politici ci sono, ma non si prendono la scena sul palco.

Sullo schermo scorrono anche le facce di icone della pace come Gandhi, Martin Luther King, Nelson Mandela. Tocca a Tosca D’Aquino leggere la lettera inviata per l’occasione dalla senatrice a vita Liliana Segre, superstite dell’Olocausto. Dopo aver salutato i partecipanti alla manifestazione, la senatrice sottolinea come il 28 ottobre sia «una data funesta della storia italiana, che segna l’inizio del fascismo, la più grande sciagura della storia nazionale del secolo scorso».

Segre si sofferma poi sul conflitto in corso in Ucraina. «Sento – afferma la senatrice – il bisogno di essere molto chiara: c’è un aggressore e c’è un aggredito. Non si può non essere senza ambiguità dalla parte dell’Ucraina e delle sue istituzioni, delle donne e degli uomini, bambine e bambini, vittime di una sanguinosa aggressione». Occorre, secondo Segre, «puntare a un immediato cessate il fuoco e all’inizio di veri e seri colloqui di pace. Condivido la proposta, alla base della vostra iniziativa, per una conferenza di pace sotto egida Onu e che coinvolga, con l’Europa, anche gli Usa e la Cina. Deve essere però una pace giusta. Che rispetti il diritto dell’Ucraina all’integrità e alla dignità nazionale e garantisca a tutta l’Europa orientale un futuro assetto di pace e di convivenza fra diversi».

Tra le migliaia di studenti campani presenti in piazza c’è anche Diana, 15 anni, nata a Napoli da genitori ucraini. Una bandiera dell’Ucraina le copre interamente le spalle e il busto. In questo momento, suo fratello e i suoi parenti rischiano la vita ogni giorno nel Paese di origine del suo papà e della sua mamma. «Io sono italiana, sono nata qui – dice –. Mi fa tanto male sapere che le persone a cui voglio bene e che vivono nell’altra mia patria adesso sono sotto le bombe. È molto importante per me sentire la vicinanza del popolo napoletano alla mia gente in questo giorno». In piazza ci sono anche i gonfaloni di diversi Comuni della Campania.

Il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, parla di «una bellissima piazza, molto colorata, fatta di tanti giovani che chiedono quello che chiedono in tanti, cioè che ci sia un momento per il cessate il fuoco, che si passi dalla voce delle armi alla voce della diplomazia». Sul palco salgono anche i rifugiati residenti a Castel Volturno, Comune del litorale casertano, da decenni terra di immigrazione dall’Africa (si parla di quasi 15mila immigrati fra regolari e irregolari). «Proprio perché abbiamo vissuto la guerra, chiediamo la pace», dice uno di loro, rimarcando che «non esistono rifugiati di serie A e serie B». Il compito di chiudere la manifestazione è affidato al presidente della Conferenza episcopale campana, il vescovo di Acerra, Antonio Di Donna.

«Ci possono essere diverse interpretazioni sul conflitto in corso in Ucraina, ma su una cosa possiamo essere tutti d’accordo: la guerra non è la soluzione e non possiamo assistere impotenti di fronte al rischio di una guerra nucleare», afferma Di Donna, che cita il Vangelo («Beati gli operatori di pace perché saranno chiamati figli di Dio»), Kennedy («L’umanità deve porre fine alla guerra, o la guerra porrà fine all’umanità») e si sofferma sull’appello a porre fine al conflitto ucraino e a sedersi al tavolo della pace, rivolto da Papa Francesco a Putin e a Zelensky durante l’Angelus del 2 ottobre scorso. Per poi concludere il suo intervento con un nuovo appello «in nome della pietas del popolo napoletano» e un urlo, rivolto ai protagonisti del conflitto, che risuona in tutta la piazza: «Fermatevi!».

Appuntamento nazionale per il 5 novembre

Appuntamento nazionale per il 5 novembre - Il manifesto

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