giovedì 19 novembre 2020
La priorità a ospedali e Rsa, poi i drive-through. La disponibilità dai primi mesi del 2021; a 1,7 milioni di persone potrà essere somministrato il vaccino Pfizer. Passi avanti anche per Astrazeneca
Il commissario all'emergenza Covid, Domenico Arcuri, a Porta a Porta

Il commissario all'emergenza Covid, Domenico Arcuri, a Porta a Porta - Ansa

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Si va strutturando il piano per la somministrazione dei vaccini anti Covid in Italia; la prima comunicazione al riguardo è stata inviata ieri in serata dal commissario Domenico Arcuri ai presidenti delle Regioni e per conoscenza ai ministri della Salute e degli Affari Regionali.

Priorità «salvaguardare quei luoghi che nel corso della pandemia hanno rappresentato il principale canale di contagio e diffusione del virus, quali ospedali e presidi residenziali per anziani».

A tal fine il Piano prevede in una prima fase di somministrare il vaccino direttamente nelle strutture ospedaliere e, tramite unità mobili, nelle Rsa. Poi una campagna di larga scala grazie ai drive-through.

"Come noto - si legge nella comunicazione -, l'Italia ha aderito all'iniziativa dell'Ue per l'acquisto del più ampio portafoglio possibile di vaccini" e i primi "potrebbero essere disponibili già a partire dai primi mesi del prossimo anno".

"In particolare - scrive Arcuri - il vaccino Pfizer, il cui iter di validazione sembra essere, ad oggi, il più avanzato, permetterebbe all'Italia di disporre già dal fine gennaio 2021 di circa 3,4 milioni di dosi da somministrare a 1,7 mln di persone (considerando anche il richiamo, ndr). È necessario, pertanto, scegliere il target di cittadini a cui somministrare le prime dosi disponibili".

Su questo, il commissario non ha dubbi: "Appare prioritario - scrive - salvaguardare quei luoghi che nel corso della pandemia hanno rappresentato il principale canale di contagio e diffusione del virus", a partire da "gli ospedali e i presidi residenziali per anziani".

Dopo aver destinato i primi vaccini anti-Covid ai luoghi "principale canale di contagio e diffusione", come ospedali e Rsa, "per gli altri vaccini in arrivo, destinati, invece, a tutte le altre categorie di cittadini, saranno previste modalità differenti di somministrazione, in linea con la ordinaria gestione vaccinale, attraverso una campagna su larga scala (es drive-through) a partire dalle persone con un elevato livello di fragilità", prevede.

"Le caratteristiche di consegna di questo primo vaccino prevedono, per garantire la sua integrità, che questo sia consegnato esclusivamente dal fornitore direttamente ad ogni punto di somministrazione (in apposite borse di conservazione contenenti, al massimo, 5 scatole da 975 dosi ciascuna). Le caratteristiche di conservazione, inoltre, di queste prime dosi di vaccino, prevedono che lo stesso possa essere mantenuto per: 15 giorni dalla consegna nelle borse di conservazione del fornitore; 6 mesi, qualora si disponga di celle frigorifere a temperatura -75°C+-15°C", prevede.

"Le caratteristiche di somministrazione - si legge ancora nel documento - prevedono che il vaccino vada utilizzato al massimo entro 6 ore dall'estrazione dalle borse o dalla cella di conservazione. Si consideri inoltre che ogni fiala di vaccino contiene 5 dosi".

Le Regioni devono iniziare a lavorare sul piano vaccino anti-Covid, iniziando già ora a individuare le strutture più idonee. Le comunicazioni, puntuali, dovranno essere inviate entro il 23 novembre, chiede ai governatori il commissario per l'emergenza.

"Al fine di definire il piano di fattibilità di questa prima fase di somministrazione - si legge nel testo - è necessario che le regioni da Voi presiedute individuino, in ogni provincia, idonee strutture capaci di rispettare i vincoli sovraesposti quanto alle caratteristiche di consegna, di conservazione e di somministrazione".

Entro il 23 novembre le Regioni devono comunicare "per ogni provincia, il numero e la denominazione dei presidi ospedalieri all'interno dei quali si ritiene utile che il vaccino venga consegnato e somministrato; tale presidio ospedaliero dovrà essere in condizione di vaccinare almeno 2.000 persone" o "più persone ma con multipli di 1000 in 15 giorni".

Per ogni presidio ospedaliero così individuato "il numero di personale operante al suo interno, a qualunque titolo; il numero di personale sanitario e sociosanitario operante nel territorio, che potrà raggiungere il presidio ospedaliero in non più di 30-60 minuti; la disponibilità al loro interno di congelatori" con caratteristiche tali da consentire la conservazione del siero ed il"relativo volume di spazio disponibile".

La tempistica

La quantità di vaccini sarà crescente nel tempo da inizio anno e avremo progressivamente ogni mese sempre più dosi rispetto ai 3,4 mln di gennaio. Entro qualche mese potremo quindi arrivare alla cosiddetta "somministrazione su larga scala", ha detto il Commissario per l'Emergenza, Domenico Arcuri nel punto stampa del pomeriggio, sottolineando che il suo comunque è un auspicio e non è una previsione. L'obiettivo è quello di vaccinare una parte importante della popolazione nel primo semestre o entro il terzo trimestre del 2021, quindi entro settembre. "Ma non conosciamo quanti italiani vorranno farsi il vaccino".

Niente obbligo, possibile il patentino

"Per ora non è previsto l'obbligo" assicura anche Arcuri aggiungendo che si sta progettando una piattaforma informatica che consentirà di gestire la verifica della somministrazione, per sapere come si chiamano le persone che hanno fatto il vaccino e dove lo hanno fatto, per seguire quindi la tracciabilità sul territorio. E ad una domanda se fosse previsto una sorta di certificato speciale o patentino per i vaccinati, ha risposto: "Sarà possibile e sarà il ministero della Salute a stabilire come".

Arcuri ha anche annunciato che partirà il bando per le siringhe e gli aghi che dovranno essere acquistare per rendere certa la somministrazione per il primo e altri vaccini, un acquisto molto corposo e un po' articolato: le tipologie di siringhe sono almeno tre e le misure degli aghi almeno sei.

Vaccino di Astrazeneca ben tollerato dagli anziani

Nuove buone notizie arrivano intanto dai laboratori. Il vaccino in sperimentazione dell'università di Oxford, Irbm e Astrazeneca è ben tollerato, soprattutto negli anziani, e induce una protezione immunitaria simile a quella vista nei giovani adulti, come indicano i risultati della fase 2 pubblicati sulla rivista Lancet. Dati che si aggiungono a quelli anticipati da Pzifer e Moderna nei giorni scorsi sull'efficacia dei loro vaccini, che sembrano però provocare in alcune persone effetti collaterali intensi, anche se non pericolosi e di breve durata, ma su cui la rivista Science chiede trasparenza nella comunicazione.

Stando ai dati citati da Science sui vaccini a Rna di Pfizer e Moderna, meno del 2% dei volontari ha avuto febbre alta tra 39 e i 40 gradi e con quello di Moderna il 9,7% ha riportato fatica, l'8,9% dolori muscolari, il 5,2% dolori alle articolazioni e il 4,5% mal di testa. Come rileva l'epidemiologo dell'università del Michigan Arnold Monto, "c'è un tasso maggiore di reazioni avverse forti di quelle viste con i normali vaccini per l'influenza". Ma secondo gli esperti intervistati "queste reazioni transitorie non dovrebbero dissuadere le persone dal farsi vaccinare. Febbre, braccia doloranti e fatica sono poco piacevoli ma non pericolosi". La chiave, per Bernice Hausman, esperta di controversie sui vaccini della Pennsylvania State University, è "la trasparenza. Le autorità e gli operatori sanitari dovrebbero preparare il loro messaggio. Più ch minimizzare la possibilità di avere la febbre, bisognerebbe avvisare la gente che potrebbe averla forte, ma che è temporanea".

Per quanto riguarda i dati del vaccino di Oxford (di cui l'Agenzia europea dei farmaci ha avviato all'inizio di ottobre la rolling review, primo passo dell'iter di approvazione), i dati pubblicati riguardano 560 adulti sani, di cui 240 con più di 70 anni. Per sapere se il vaccino protegge dall'infezione da SarsCov2, bisognerà aspettare i risultati della fase 3 della sperimentazione ancora in corso. Finora si è visto che le reazioni avverse, anche in questo caso, sono state lievi, come dolore e indolenzimento nel punto dell'iniezione, fatica, mal di testa, dolori muscolari e febbre, anche se più frequenti rispetto a chi aveva avuto ricevuto un vaccino di controllo (quello contro il meningococco). In sei mesi dalla prima dose sono state registrate 13 reazioni avverse gravi, nessuna delle quali però collegata al vaccino. Gli effetti collaterali sono stati meno frequenti negli anziani. Quanto alla risposta immunitaria, gli anticorpi specifici contro il virus si sono prodotti 28 giorni dopo la prima dose in tutti i gruppi d'età, e con la seconda dose sono aumentati al 56esimo giorno.

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