sabato 17 agosto 2019
All'uomo reso anonimo da un mondo che non comprende la Chiesa porta lo sguardo di Cristo. A nome del Papa, lo scrive al Meeting il segretario di Stato vaticano. E Mattarella: ripartire dalle relazioni
Volontari in una precedente edizione del Meeting di Rimini

Volontari in una precedente edizione del Meeting di Rimini

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«Tanti nostri contemporanei cadono sotto i colpi delle prove della vita, e si trovano soli e abbandonati. E spesso sono trattati come numeri di una statistica. Pensiamo alle migliaia di individui che ogni giorno fuggono da guerre e povertà: prima che numeri, sono volti, persone, nomi e storie. Mai dobbiamo dimenticarlo, specialmente quando la cultura dello scarto emargina, discrimina e sfrutta, minacciando la dignità della persona». Lo scrive, a nome del Papa, il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, nel messaggio inviato al vescovo di Rimini monsignor Francesco Lambiasi per l’apertura del 40° Meeting, domenica 18 agosto nei padiglioni della Fiera. È il tema scelto dagli organizzatori – «Nacque il tuo nome da ciò che fissavi», citazione di una poesia di san Giovanni Paolo II – e che è spiegato in un passo di don Luigi Giussani riferito alla Veronica sulla Via Crucis e ripreso da Parolin: «Immaginiamoci la folla, Cristo che passa con la croce, e lei che fissa Cristo e si apre un varco nella folla guardandolo. Tutti la guardano. Lei che non aveva volto, era una donna come le altre, ha acquistato nome, cioè volto, personalità nella storia, per cui la stiamo ancora ricordando, per ciò che fissava. [...] L’amare è affermare l’altro». Questa – spiega il segretario di Stato – «è la verità che la Chiesa annuncia all’uomo da duemila anni. Cristo ci ha amato, ha dato la sua vita per noi, per ciascuno di noi, per affermare il nostro volto unico e irripetibile». Un annuncio che proprio alla luce di quanto accade nel nostro mondo «è così importante che risuoni oggi». Infatti «quanti dimenticati hanno urgente bisogno di vedere il volto del Signore per poter ritrovare sé stessi! L’uomo di oggi vive spesso nell’insicurezza, camminando come a tentoni, estraneo a sé stesso; sembra non avere più consistenza, tanto è vero che facilmente si lascia afferrare dalla paura». E dunque «in un’epoca dove le persone sono spesso senza volto, figure anonime perché non hanno nessuno su cui posare gli occhi, la poesia dei san Giovanni Paolo II ci ricorda che noi esistiamo in quanto siamo in relazione». Lo sguardo di Gesù sull’uomo trasforma la storia di ognuno e di tutti. Lo dice papa Francesco in un commento al brano evangelico della vocazione di Matteo: Gesù lo chiamò, «aprì il suo cuore, lo rese libero, lo guarì, gli diede una speranza, una nuova vita». È questo, sottolinea Parolin, «che rende il cristiano una presenza nel mondo diversa da tutte le altre, perché porta l’annuncio di cui – senza saperlo – più hanno sete gli uomini e le donne del nostro tempo: è tra noi Colui che è la speranza della vita. Saremo “originali” se il nostro volto sarà lo specchio del volto di Cristo risorto».

Il profilo cristiano e antropologico del Meeting si intreccia con quello sociale, etico e politico, sul quale si sofferma il messaggio inviato dal presidente della Repubblica, definendo il grande incontro riminese «animatore di dialogo», «una preziosa occasione di incontro, di scambio di esperienze e di crescita culturale», profilo tradizionale che il tema di questa edizione spinge verso la «riflessione sull’umanità dell’uomo, sulla relazione necessaria con l’altro, sul formarsi della comunità, sul dialogo incessante tra la fede personale e la storia». «Attorno a noi – aggiunge Sergio Mattarella – i cambiamenti sono sempre più rapidi» e insieme a «straordinarie opportunità» si palesano anche «inedite ingiustizie, povertà, egoismi, insicurezze, minacce al valore della pace». Il nuovo va affrontato «con coraggio, senza nostalgie paralizzanti, conservando sempre spirito critico e apertura a chi ci è prossimo». In questo percorso che chiama la società e ciascuno occorre «ripartire dalla persona», un «percorso di crescita e di liberazione a cui siamo continuamente richiamati» nel quale «ciascuno deve saper trovare il senso e il valore della comunità», con l’impegno di «contribuire a costruirlo tessendo i fili umani della solidarietà».



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