giovedì 12 novembre 2020
L'odissea di Mauro Pagnano, il fotografo della Terra dei fuochi, e della sua famiglia: "Viviamo un inferno giorno e notte"
Emergenza bombole, l'Sos: "Mio padre col Covid e l'ossigeno a singhiozzo"
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Notte. Panico. L’ossigeno è finito, le bombole non si trovano. Loro chiamano il mondo, niente. Ma Emilio Pagnano ha settantanove anni, il Covid e una polmonite probabilmente bilaterale, senza ossigeno se ne va. Sua moglie è chiusa in mansarda, va protetta. I cellulari dei tre figli bruciano. Mauro, il fotografo della Terra dei fuochi, positivo anche lui, asintomatico. Antonio, odontoiatra, che fa un tampone al giorno per poter assistere il padre. E Giuseppe, insegnante di sostegno, che passa la giornata (spesso anche un bel po’ di nottata) a cercare le bombole per suo padre. Che è in terapia subintensiva nella sua casa di Caivano, “come ci hanno consigliato gli stessi medici ospedalieri e quelli dell’ambulanza, dicendoci che gli ospedali sono praticamente al collasso”, spiega Mauro.

Nemmeno possono dargli retta, al panico. Devono muoversi, veloci. Telefonano alle farmacie di turno, non ci sono bombole in tutte quelle nelle province di Napoli e di Caserta, chiamano il 118 e l’ambulanza non arriva, chiamano e richiamano chiunque possa aiutarli, infine rintracciano sul cellulare un amico farmacista, che in piena notte apre la sua farmacia, porta loro a casa la bombola “e riusciamo a salvare papà”, ricorda Mauro. Però da quel giorno in poi “è stata una guerra totale”.

La storia si ripete, quotidiana, da un paio di settimane. Una caccia a perdifiato; giovedì mattina i figli hanno rimediato una bombola, ossigeno liquido, ma il quantitativo basterà per un paio di giorni, poi va ricaricata. Si vive o si può morire, la differenza è dentro una bombola d’ossigeno. Specialmente in Campania, ma anche in altre Regioni. Federfarma sostiene che le bombole vengano trattenute per paura e i farmacisti lo definiscono il fenomeno “egoismo da Covid”.

Tuttavia, visto che la bombola viene prescritta con ricetta medica e proprio per la raccomandazione di Federfarma stessa dello scorso primo aprile, le farmacie hanno nome, cognome, indirizzo, telefono del paziente, data, numero e tipologia delle bombole consegnate e anche il “presumibile tempo di permanenza“. Fra telefonate, WhatsApp, appelli sui social, sprechiamo il 90 per cento delle energie che dovremmo impiegare per curare al meglio nostro padre”, continua Mauro. Senza contare la paura di non trovare la bombola, specie per fargli affrontare la notte. “Tutto è veramente estenuante. Grazie a Dio siamo circondati da persone che ci aiutano in ogni modo, a cercare le bombole, a prepararci un pasto e qualsiasi cosa ci serva”. Per il resto, ripete, “stiamo vivendo un inferno”.

Adesso sono in ballo, non c’è tempo e modo di pensare ad altro, ma “penso che alla fine di questa storia qualcuno dovrà pagare. Questa vicenda delle bombole è emblematica della gestione disastrosa della sanità pubblica”.

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