sabato 1 agosto 2020
Sull’isola, appena sfiorata dal coronavirus, il lockdown ha piegato un sistema sociale già fragilissimo. Anche iI turismo a picco. L'impegno della Chiesa
Il porto di Cagliari dall'alto. Anche il turismo è crollato e la Sardegna stenta a rialzarsi

Il porto di Cagliari dall'alto. Anche il turismo è crollato e la Sardegna stenta a rialzarsi - Pixabay

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Sembrerebbe la classica "isola felice", la Sardegna, e non solo per lo spettacolare mare e i panorami selvaggi adorati dai turisti. Difatti si può dire il "tifone" Coronavirus l’abbia appena lambita, con 1.404 casi dall’inizio dell’epidemia e 234 morti: davvero una piccola percentuale a fronte dei 247.500 malati e delle 35mila vittime registrate in tutta la Penisola.

Eppure non è così. L’epidemia ha lasciato pesanti segni anche qui, se non in modo diretto sicuramente attraverso i suoi effetti secondari, aggravando uno stato di fragilità crescente (nell’ultimo decennio i sardi in stato di povertà sono passati dal 10% al 19%). E il brutto deve ancora venire, dicono purtroppo gli osservatori alludendo al mese prossimo, quando saranno terminati gli ammortizzatori sociali destinati a quasi 40 mila lavoratori e si sentiranno le prime drammatiche conseguenze dell’inevitabile calo (quello previsto è del 50%) delle presenze turistiche estive.

Il termometro giusto lo fornisce come sempre la Caritas: le telefonate ai suoi centri d’ascolto e le presenze nelle mense sociali durante il lockdown hanno denunciato un impoverimento repentino di fasce di popolazione in precedenza non interessate da forme di bisogno. «Il 50 % dei frequentatori dei nostri centri – aggiunge don Marco Lai, da 20 anni direttore della Caritas di Cagliari – sono facce nuove, persone che prima ce la facevano e ora non hanno più nulla da portare a casa. Soprattutto italiani che lavoravano a giornata e che ora non possono più pagare bombola e bollette. Ma anche badanti e quanti campavano di elemosina».

L’allarme è condiviso da Paola Montis, presidente regionale dell’Associazione pensionati di Confartigianato Sardegna, che in aggiunta indica un target molto specifico: «Troppi anziani, che già vivevano una situazione precaria dal punto di vista pensionistico, stanno ora scivolando verso la condizione di povertà relativa, se non in quella assoluta, perché per la pandemia hanno dovuto sostenere significative spese, soprattutto sanitarie, e far fronte a situazioni familiari difficili supportando anche economicamente i figli, a cui il Covid ha tolto o ridotto gli stipendi».

In Sardegna il 46% delle attività produttive (52.000 imprese, di cui 26.000 artigianali) ha dovuto fermarsi temporaneamente per il lockdown e 126mila persone sono rimaste a casa. Come si diceva, 40 mila lavoratori hanno dovuto ricorrere agli ammortizzatori sociali e 135mila che hanno fatto domanda per il bonus da 600 euro. E se migliaia di impiegati pubblici se la sono cavata con lo smart working, decine di bar e tavole calde hanno avuto gli Incassi dimezzati.

Perfino i grossisti del mercato ortofrutticolo si lamentano: l’assenza dei turisti ha ridotto gli scambi del 50%, facendo crollare i prezzi degli ortaggi. Mentre a fine settembre presenteranno il conto le 6.574 micro, piccole e medie imprese che si occupano di trasporti, ricettività, ristorazione, agroalimentare, benessere, intrattenimento, attività ricreative e culturali, artigianato artistico: ovvero quel quinto delle 35mila realtà artigiane dell’isola che dipende dall’indotto turistico.

I vescovi della Sardegna non ignorano la situazione e sono intervenuti con un documento all’inizio di giugno: «Non è sbagliato affermare che l’emergenza sanitaria sia diventata un’autentica emergenza sociale – scrivevano – se si aggiungono gli evidenti riflessi che l’epidemia sta avendo sulla nostra economia e sull’occupazione, intaccando anche il risparmio del nostro popolo e indebolendo la preesistente e fragile situazione della nostra isola». C’è preoccupazione soprattutto per poveri e disabili: «Temiamo per loro perché c’è il rischio che continueranno a vivere nella solitudine, persino nell’abbandono».

L’arcivescovo di Cagliari Giuseppe Baturi con risorse provenienti dall’otto per mille ha costituito un Fondo diocesano di solidarietà "Emergenza 2020" per persone e famiglie in situazioni di necessità, ma anche per parrocchie e associazioni che assistono le fragilità sociali.

La diocesi Ales-Terralba ha consegnato mensilmente oltre 5000 pacchi viveri. La Caritas di Sassari ha aperto tre sedi di distribuzione di generi alimentari. Consegne settimanali anche a Tempio Pausania e Olbia. A Ozieri la Caritas locale si è fatta carico di una comunità di senegalesi, spiazzata dalla chiusura delle attività; le due parrocchie di Terralba hanno offerte derrate alimentari ai rom di un campo nomadi; senza pausa pure l’attività Caritas di Lanusei e Iglesias; non si è fermata la mensa di Alghero.

Ancora la Chiesa cagliaritana, per rispondere in modo funzionale alle aumentate richieste di aiuto, ha allestito dal 7 aprile al 30 giugno un Centro temporaneo di distribuzione che ha aiutato 3.127 nuclei familiari, per un totale di 22.265 persone, con 6.186 spese consegnate in città e in diocesi da 120 volontari, attivati in collaborazione con le istituzioni governative e gli enti locali, la Camera di commercio e l’Ente Fiera.

Perché il tempo del lockdown più stretto è stato anche quello della maggior solidarietà e della sinergia istituzionale. Singoli benefattori, grandi magazzini, empori di ogni marca e centinaia di volontari hanno sostenuto le iniziative delle diocesi. Suor Pierina Careddu, responsabile della Caritas nuorese, attesta: «Assisto tutti i giorni alla solidarietà della gente, a quelle attenzioni un tempo caratteristiche del buon vicinato, alla carità in silenzio rispettosa delle difficoltà improvvise di un parente, un amico, una persona estranea».

Ma anche il Comune di Cagliari, sotto le direttive del sindaco Paolo Truzzu e in collaborazione con Mondo X e Croce Rossa, in due mesi ha consegnato a domicilio oltre diecimila pasti e quasi 500 pacchi-spesa destinati a 8.000 persone, effettuando oltre 16mila telefonate per sostegno, consulenza, orientamento, aiuto ai cittadini e protocollando circa 8.000 domande per il bonus regionale di 800 euro. La tempra degli isolani resiste; purché non vengano isolati.

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