giovedì 14 aprile 2022
In base al rapporto dell’Istituto superiore di sanità la campagna vaccinale ha impedito anche oltre 500mila ospedalizzazioni e 55mila ricoveri in terapia intensiva. Si lavora a una dose annuale
Otto milioni di contagi e 150mila morti. Cosa abbiamo evitato grazie ai vaccini
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Che la campagna vaccinale abbia determinato un cambio di passo nella lotta al Covid nel nostro Paese non è dimostrato soltanto dal – graduale – ritorno alla normalità delle nostre vite. I vaccini, di vite, in due anni ne hanno salvate abbastanza da riempire una città delle dimensioni di Livorno, o Cagliari. O meglio, da non vederle svuotarsi. I conti li ha fatti, per l’ennesima volta, l’Istituto superiore di sanità: arrivando a stabilire – con un margine di inesattezza di cui poi si dirà – che i vaccini in Italia hanno permesso di evitare «150mila decessi», di cui più di 7 su 10 negli anziani over 80. La popolazione di una grande città, appunto. Non solo: sempre grazie alle somministrazioni sono stati «8 milioni i contagi evitati, oltre 500mila le ospedalizzazioni, oltre 55mila i ricoveri in terapia intensiva».

Come si è arrivati a queste stime? Il calcolo è stato fatto con una metodologia inizialmente sviluppata per i vaccini antinfluenzali – ma già applicata in altri Paesi per studi relativi a Sars-CoV-2 – che analizza i dati della Sorveglianza integrata e dell’Anagrafe nazionale vaccini del ministero della Salute. L’approccio si basa sull’idea che l’impatto settimanale della vaccinazione sugli eventi studiati (cioè i casi notificati Covid-19, i ricoveri, i ricoveri in terapia intensiva e i decessi) può essere stimato combinando l’efficacia vaccinale (in questo caso l’efficacia dei vaccini a mRna), la copertura vaccinale settimanale (cioè la percentuale di popolazione di volta in volta “coperta”) e il numero settimanale di eventi osservati. Si tratta di una stima diretta, in quanto non considera il possibile impatto indiretto della stessa vaccinazione sulla popolazione non vaccinata: per intenderci, le infezioni evitate tra i vaccinati potrebbero aver contenuto la trasmissibilità complessiva osservata in Italia, così come i ricoveri e gli stessi decessi. Dunque se di inesattezza si può parlare, il dato dell’Iss è sicuramente in difetto: i vaccini potrebbero aver avuto un impatto ancor più dirompente, cambiando anche il destino di molti no-vax.

Lampante, in particolare, il loro ruolo nel corso del mese di gennaio, quando cioè il Paese ha dovuto fare i conti con la temutissima variante Omicron: nel solo primo mese dell’anno, in cui sono stati registrati un totale di 4,3 milioni di contagi, la vaccinazione ha permesso di evitare un totale di altri 5,2 milioni di casi di infezione (per l’esattezza un range tra i 4,3 e i 6,4 milioni), 228mila ospedalizzazioni (161-384mila), 19mila ricoveri in terapia intensiva (13-31mila) e 74mila decessi (48-130mila). Cifre che rappresentano rispettivamente il 55%, l’83%, l’86% e l’87% degli eventi attesi per lo stesso mese considerando la diffusività di Omicron. Il 72% dei decessi complessivi – evidenzia ancora l’Iss – è stato evitato in particolare per le persone di età pari o superiore agli 80 anni, il 19% nella fascia 70-79, il 7% nella fascia 60-69 e il 3% sotto i 60 anni.

E se i numeri premiano, dunque, la massiccia adesione degli italiani alla campagna vaccinale, sempre dai numeri – stavolta quelli del raffronto tra la curva di questa settimana con le scorse – arrivano altre buone notizie. Secondo la rilevazione negli ospedali sentinella della Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere (Fiaso) relativa al periodo 5-12 aprile è cominciata infatti – seppur lentamente – la discesa dei ricoveri Covid, con il numero di pazienti ospedalizzati diminuito dell’1%. Una settimana fa, per intendersi, c’era stato un incremento del 3,6%. Una tendenza confermata dal Bollettino quotidiano: 62mila i nuovi casi nelle ultime 24 ore (oltre il 10% in meno rispetto a mercoledì scorso, tasso di positività al 14,8%), con 14 ricoveri in meno in rianimazione e 41 in meno nei reparti ordinari.

Intanto prosegue la somministrazione della quarta dose a over80 e fragili, mentre solo il 10% degli immunodepressi – i primi per i quali era stata prevista – la ha effettuata. Troppo pochi secondo il direttore Prevenzione del ministero della Salute, Gianni Rezza, che, in riferimento all’allargamento del secondo booster alla popolazione in autunno, ha precisato che «ancora non sappiamo quale sarà il target e quanto la quarta dose potrà essere generalizzata. Spero – ha detto – verrà deciso insieme agli altri Paesi europei». Quali saranno le fasce a cui estenderla, ha confermato il ministro della Salute Roberto Speranza, «lo capiremo con gli scienziati».

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