sabato 14 novembre 2020
Giuristi divisi sulle modalità con cui si propone di punire la violenza e la discriminazione a causa dell’orientamento sessuale. C’è davvero il rischio di una deriva sul rispetto delle idee?
Omofobia fra tutele e ideologia
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Come punire la violenza e la discriminazione fondata sull’orientamento sessuale mettendo al riparo la libertà d’espressione? È la domanda che continua a tenere vivo il dibattito sulla legge contro l’omofobia dopo l’approvazione da parte della Camera. Dopo l’intervista con il presidente emerito della Consulta, Cesare Mirabelli ( Avvenire di giovedì 12 novembre), che aveva tra l’altro sottolineato i rischi connessi dalla possibilità di considerare reato la propaganda d’idee (punto 'd' dell’articolo 2), proseguiamo la riflessione con Filippo Vari, ordinario di diritto costituzionale all’Università Europea di Roma; Angelo Schillaci, docente di diritto pubblico comparato e di diritti fondamentali comparati alla Sapienza di Roma e Vincenzo Bassi, vicepresidente dell’Unione dei Giuristi cattolici e responsabile giuridico del Forum delle Associazioni familiari.

Posizioni culturali anche opposte, a cui vogliamo però dare spazio in nome di un confronto dialogante. Tutti partono da un presupposto irrinunciabile, già messo in luce anche da Mirabelli: il dovere di tutelare nel modo più efficace possibile la dignità di ogni persona e di reprimere la violenza contro chi è minacciato sulla base dei propri orientamenti sessuali. Sulle modalità con cui la legge Zan vorrebbe realizzare questi obiettivi, le opinioni invece si dividono. A parere di Filippo Vari la prima difficoltà è nella pretesa di categorizzare le persone (articolo 1), fissando per legge «alcune teorie e categorie oggetto di dibattito nel mondo scientifico e nella sfera pubblica, come quelle di genere e identità di genere, e s’impone per legge non solo il loro rispetto, ma anche la loro diffusione all’interno della scuola e della società, con gravi ripercussioni su tanti diritti di libertà».

Non è d’accordo Angelo Schillaci, secondo cui nella scrittura di quella definizione si è scelto di adeguarsi a quanto già deciso da Cassazione e Consulta. «L’obiettivo era soltanto quello di rendere più chiaro un concetto in sede penale, non certo di scrivere un trattato di antropologia. Sia Consulta che Cassazione aderiscono molto bene alla situazione delle vittime transessuali, dove ci sono persone che hanno concluso il percorso di transizione e altre che sono ancora in una fase di passaggio.

Ma questo non può essere motivo di valutazioni diverse». Vincenzo Bassi al proposito riprende e sviluppa alcune delle considerazioni di Mirabelli: «Al di là dell’opportunità di una normativa del genere, solo pensare di tutelare minoranze o eliminare discriminazioni, inserendo nel testo definizioni astratte (come omofobia e transfobia), è meramente illusorio. Tutto ciò svilupperà solo atteggiamenti 'avvocateschi' e strumentalizzazioni».

Accesso il confronto anche a proposito dei rischi sulla libertà d’espressione, con pericoli che l’articolato della legge non contribuirebbe a fugare. Argomenta Vari: «Si prevede un generico reato di 'atti discriminatori', senza chiarire in nessun modo i contorni della fattispecie. Rischia così di essere esposto a denuncia un parroco che non accettasse, per esempio, a un ritiro per fidanzati, una coppia omosessuale». Secondo Schillaci invece non ci sarebbero né equivoci né ambiguità: «Con la lettera 'd' dell’articolo 2 che modifica la rubrica del 604 bis abbiamo voluto semplicemente ribadire che odio razziale o etnico, e motivi fondati sul sesso e sul genere, dove l’istigazione a delinquere rimane, sono due fattispecie distinte».

L’avvocato Bassi preferisce allargare lo sguardo alle possibili conseguenze di questa legge: «Affermare e promuovere la bellezza della famiglia, e della complementarietà di marito e moglie, come più virtuosa ed efficace scelta in grado di assicurare, in modo continuativo, anche un futuro alla nostra società, finiranno per costituire comportamenti che istigano 'all’odio e alla violenza', così come disposto dalla legge Zan?».

Un rischio condiviso anche da Vari: «La legge rischia di creare un clima di terrore, nel quale le scelte dei privati nell’esercizio dei diritti di libertà garantiti dalla Costituzione sono sottoposte ad attentissimo esame da parte di un giudice che, a seconda della sua personale sensibilità sul tema, sceglierà se assolvere o condannare». Schillaci invece, anche a proposito delle discussioni aperte dal coinvolgimento delle scuole nella 'Giornata nazionale' contro l’omofobia, smorza i toni e rassicura: «L’autonomia scolastica non verrà toccata. La collaborazione con le famiglie sarà fondamentale e tutto sarà su base volontaria. Nessuna imposizione ». Sarà così davvero? Il confronto non si ferma qui.

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