mercoledì 18 settembre 2013
Dopo la rottura di ieri tra Pd-Pdl, e la bocciatura di tutte le pregiudiziali di costituzionalità, oggi nuovo rinvio per un tentativo di mediazione avanzato dalla presidente della Commissione giustizia Donatella Ferranti. Il movimento 5 Stelle chiede (e poi smentisce) le dimissioni della presidente della Camera Boldrini.
EDITORIALE Priorità insensate di Francesco Ognibene
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Sul ddl omofobia prevale la fretta, la voglia di portare a casa un risultato purchéssia, anche a costo di sancire una rottura nella già fragilissima maggioranza. Il testo ottiene il semaforo verde per l’aula, complice l’intesa ancora in alto mare sul punto calendarizzato subito prima, il finanziamento pubblico ai partiti. Non che sul ddl che fa diventare reato l’omofobia e la transfobia l’accordo vi sia, anzi. Tuttavia la linea che passa è di andare avanti a tappe forzate. Forzata, prima della pausa per le ferie la discussione in commissione, senza neanche votare gli emedamenti, forzata ora anche la discussione in aula, con tempi contingentati.La seduta pomeridiana era ripresa con ritardo, in attesa che il "comitato dei 9" della commissione Giustizia partorisse una mediazione condivisa. Invece il Pd, sebbene fosse consapevole del no del Pdl alla configurazione dell’omofobia anche come aggravante (oltre che come fattispecie di reato discriminatorio, ai sensi della legge Mancino) decideva di riproporre questa sua determinazione con il capogruppo Walter Verini. A un certo punto nella bagarre il Pd accreditava anche l’ipotesi di maggioranze alternative, dando in un primo momento l’ok a un emendamento di M5S (prima firmataria Francesca Businarolo), che recependo una dicitura della risoluzione del Parlamento europeo 18 gennaio 2006 reintroduceva la parola transgender, la cui eliminazione dal testo iniziale aveva dato la stura alla trattativa. Leggendo fino in fondo il testo dei Grillini il capogruppo del Pdl Enrico Costa reagiva e la sua opposizione induceva alla fine il Pd al voto contrario. La trattativa andava avanti senza sbocchi, invece, sull’aggravante della discordia. La svolta si aveva quando Scelta civica con Gregorio Gitti accettava una nuova ipotesi di mediazione. Dicendo sì all’aggravante su cui il Pd si era impuntato in cambio della promessa di recepire un emendamento a firma Gigli-Balduzzi che allarga le "scriminanti", cioè il campo delle ipotesi che vanno escluse dalla fattispecie di reato. Nel testo-Verini c’era già esclusa, a tentare di scongiurare il reato di opinione, «la libera espressione e manifestazione di convincimenti e opinioni purché non istighino all’odio e alla violenza». L’emendamento di Scelta civica, accettato dal Pd, inserisce fra le "scriminanti" anche un più esplicito riferimento alle «leggi vigenti» (dunque anche il diritto di famiglia) e alle manifestazioni di pensiero all’interno di «organizzazioni riconosciute».L’intento di Sc era quello di salvare una possibile intesa nella maggioranza, onde prevenire la tentazione - da parte del Pd - di sondare altri terreni ed alleanze, con esiti peggiorativi sul testo. Il risultato però era la rottura e l’isolamento del Pdl, col rischio - ora - di arrivare in aula senza rete, oggi, per il resto dell’esame. E di veder rispuntare dalla finestra proposte da tempo scartate nella trattativa (come - appunto - la definizione di genere) ma tuttora presenti nelle proposte emendative di Sel e 5 Stelle. D’altronde i gruppi sono tutti piuttosto divisi al loro interno e l’adozione, che sembra profilarsi (potrebbe chiederlo il Pdl) del voto segreto non consente alcun tipo di previsione, in un senso o in un altro.Ieri, intanto, con il voto segreto sono state bocciate le pregiudiziali di costituzionalità presentate - con argomenti che meritavano, in verità, una trattazione molto meno frettolosa - da Marco Rondini (della Lega), Edmondo Cirielli (Fratelli d’Italia) ed Alessandro Pagano (Pdl). Il solo Pagano presentando la sua pregiudiziale (che vedeva come seconda firmataria Eugenia Roccella) arrivava ad enumerare ben 7 articoli della Carta messi a rischio da questo testo, dall’articolo 3 sul principio di uguaglianza (evidenziando che ai gay sarebbe concessa una tutela anti-discriminatoria non prevista ad esempio per i disabili) all’articolo 21 sulla libertà di pensiero, dall’articolo 19 sulla libertà religiosa all’articolo 25, che sancisce il principio di legalità e tassatività, mentre, lamenta Pagano, «un testo del genere rischia di creare un’antropologia di Stato e essere affidata alla libertà interpretativa dei magistrati».Alla fine, nel segreto, erano 100 i voti a favore delle pregiudiziali, non poche visto che anche il Pdl, con Costa, aveva preso le distanze. Nell’intento, evidentemente, di tenere in vita la trattativa, che stamattina riprenderà. Anche se con spazi ormai ristrettissimi.

 

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