giovedì 27 giugno 2019
La municipalizzata Ama non le raccoglie perché non sa dove portarle. Il Comune progetta ma poi boccia due impianti per il compost, autorizzati grazie a una norma ad hoc
Ogni giorno mille tonnellate di rifiuti lasciate a terra
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Mille tonnellate di rifiuti indifferenziati vengono lasciati ogni giorno per le strade di Roma. Apposta. Perché non si sa dove smaltirli. E così la città viene utilizzata come sito di stoccaggio provvisorio, a scacchiera: un giorno una zona, il giorno dopo un’altra. Così da mesi, e sempre peggio: 8 mesi fa erano infatti 'solo' 500 tonnellate. E questo accade mentre il Comune boccia i due impianti di compost che la giunta Raggi aveva progettato e approvato. Malgrado avesse ottenuto una norma, inserita nel decreto 'sblocca cantieri', che accorciava, da 4-5 mesi ordinari a 60 giorni, i tempi dell’iter autorizzativo per quel tipo di impianti e solo per Roma Capitale. Una vera norma 'ad personam', anzi 'ad urbem', ma inutile visto che poi il comune a guida grillina ha bocciato se stesso.

Una situazione drammaticamente farsesca. Mentre Roma spende sempre di più per mandare i propri rifiuti fuori provincia o fuori regione. E con prospettive sempre più gravi. La prossima chiusura per manutenzione del termovalorizzatore di Acerra obbligherà Napoli e la Campania a cercare impianti fuori regione, mettendosi in concorrenza feroce con Roma, e facendo crescere ancor più i costi per la casse della Capitale.

Ma come si è arrivati a questa situazione? Roma ogni giorno produce 3.300 tonnellate di rifiuti indifferenziati, il problema più grosso. Soprattutto dopo l’incendio del dicembre 2018 che ha reso inservibile il Tmb del Salario dell’Ama, che trattava 600 tonnellate al giorno. Dove vanno ora? I due Tmb di Malagrotta, di proprietà del gruppo Cerroni ma commissariati dopo l’interdittiva antimafia, ricevevano ogni giorno 1.200 tonnellate, ma da aprile e fino a settembre, per manutenzione, ne possono prendere solo 700. Altre 800 tonnellate vanno all’altro Tmb dell’Ama a Rocca Cencia, che dopo l’incendio del marzo scorso, ha ripreso a funzionare ma che sta quasi al collasso. Non ce la fa a lavorarle tutte, perché l’impianto è vecchio e inefficiente. Per farlo funzionare bene ne dovrebbe prendere 600, così quelle 200 in più si accumulano ogni giorno nella fossa rifiuti dove ora ce ne sono 4mila che non dovrebbero esserci. C’è, infine, l’impianto di tritovagliatura mobile, una sorta di enorme frullatore, che si trova in via Romagnoli a Ostia. Potrebbe lavorare 300 tonnellate al giorno ma ne fa meno di 100, per non far arrabbiare la base M5s della zona da sempre contraria a questo impianto.

Il resto va in impianti di Aprilia, Frosinone, Viterbo e in Abruzzo in base ad accordi che scadono a fine anno. Cioè Ama raccoglie i rifiuti indifferenziati e li manda altrove. Ma per fare questo ha bisogno di luoghi dove scaricare i rifiuti dei compattatori per ricaricarli sui tir diretti fuori città. Si chiamano siti di trasferenza, che Roma non ha. Così dopo l’incendio del Salario ne è stato realizzato uno a Ponte Malnome. Doveva essere provvisorio, l’amministrazione comunale aveva promesso che l’avrebbero chiuso alla fine di giugno e invece non ce la fa perché contemporaneamente avrebbe dovuto aprirne uno a Saxa Rubra, proprio accanto alla Rai. Ma c’è stata la rivolta, non sono partiti i lavori e dunque la trasferenza ancora la fanno a Ponte Malnome.

C’è poi il capitolo dei rifiuti che dopo la lavorazione nei Tmb, devono andare in discarica o in un termovalorizzatore, cioè fuori regione perché Roma non ne ha. Ma si trovano sempre maggiori difficoltà a reperire impianti italiani, e quando si trovano sono immensamente costosi perché in questa fase la competizione tra regioni 'bisognose', Lazio e Campania in particolare, ha fatto esplodere i prezzi: chi, nelle regioni del Nord, ha possibilità di incenerire o interrare rifiuti, 'gioca' sui prezzi. Chi offre di più si prende gli spazi. E così Roma paga fino a 210 euro a tonnellata, trasporto compreso, anche 50 euro più di pochi mesi fa.

Intanto la raccolta differenziata arranca. Ama dice che si è arrivati al 46,2%, ma l’unico documento ufficiale è del 2018 e diceva che per la prima volta in 10 anni era scesa sotto il 44%. Ora non si capisce, con tutto il disastro che c’è in giro, come sia stato possibile una crescita di due punti percentuali. E, sulla differenziata, un caso a sé è l’umido che Roma manda tutto fuori regione.

La sindaca Raggi aveva invocato il commissariamento della Regione per sbloccare i due progetti di compostaggio a Cesano e Casal Selce, che a suo dire la Regione bloccava. Allora la giunta Zingaretti ha accelerato, ha convocato a maggio una conferenza di servizi dove però gli uffici comunali hanno dato parere negativo ai propri progetti. Il dipartimento all’urbanistica ha detto no perchè l’area di Cesano era già destinata alla delocalizzazione degli autodemolitori e quindi servirebbe una variante al Piano regolatore. La Sovrintendenza ha 'scoperto' che a Casal Selce ci sono reperti archelogici e un vincolo paesaggistico. Tutte cose ben note. Ma si è andati avanti fino ad autobocciarsi. E senza neanche avvertire le quattro senatrici grilline presentatrici dell’emendamente 'ad Urbem', richiesto dalla Raggi ma ormai inutile. Così nel decreto la norma è rimasta ma gli impianti che dovevano essere facilitati non si fanno più. E Roma rimane senza.

Ora si torna a ipotizzare l’export di rifiuti all’estero. Ma Ama dovrebbe bandire delle gare europee sperando che qualcuno si faccia avanti, come anni fa Austria e Germania. Ma è molto difficile, perchè la credibilità dell’azienda è molto decaduta. La prima cosa che si chiede sono bilanci approvati per vedere se si tratta di un soggetto che può pagare, ma Ama non ha avuto approvato dal Comune neanche quello del 2017. Ed è stato il motivo delle dimissioni dell’assessore all’Ambiente, Pinuccia Montanari, ancora non sostituita. Proprio lei che aveva voluto e fatto approvare dalla giunta i due impianti che ora il Comune si 'autoboccia'.

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