venerdì 18 novembre 2022
Polemiche sul governo francese che nega l’ingresso a più della metà delle persone salvate dalla Ong
La nave Ocean Viking

La nave Ocean Viking - Ansa

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Un colpo al cerchio e uno alla botte. Ovvero, da una parte, i frequenti discorsi ufficiali sul «dovere d’umanità» verso gli esiliati che giungono in Francia. Ma dall’altra, sul campo, il protrarsi o l’inasprirsi di pratiche repressive che suscitano le critiche e l’indignazione di numerose Ong anche cristiane, in particolare a Calais o alla frontiera italo-francese. Nella sfida dell’accoglienza, la politica di Parigi continua ad essere spesso additata come ambivalente. Uno scenario non smentito, nelle ultime ore, dalla sorte delle 234 persone a bordo della Ocean Viking. In pochi giorni, in effetti, si è passati dalle dichiarazioni altisonanti delle autorità al momento dell’approdo della nave, venerdì, nel porto militare di Tolone — con tanto di accuse verso l’Italia —, al prosaico destino che attende in teoria più della metà degli esiliati: dopo le audizioni da parte dell’Ofpra (Ufficio per la protezione dei rifugiati), per 123 è scattato un «rifiuto d’ingresso nel territorio». Per almeno 44 fra loro, la Francia vorrebbe un’espulsione verso i Paesi d’origine, secondo Gérald Darmanin, il ministro dell’Interno.

Ma per il momento, una serie di disfunzioni tecnicogiuridiche circa il mantenimento dei 123 nella «zona d’attesa» istituita nella penisola di Giens — magistrati oberati, superamento dei tempi limite per chiedere il prolungamento della permanenza nella struttura, assenza d’interpreti, altri vizi di procedura — ha condotto la Corte d’appello di Aix-en-Provence ad ordinare la liberazione di 108 fra loro.

In teoria, altri 66 esiliati che hanno ottenuto un parere favorevole, già condotti in strutture associative, potranno chiedere l’asilo in Francia. Ma ciò resta molto ipotetico, non trattandosi verosimilmente di francofoni, ma «soprattutto di siriani, di sudanesi, di eritrei», come ha dichiarato Darmanin. Fra loro, non pochi potrebbero dunque partire verso altri Paesi Ue, fra cui la Germania, che aderiscono al meccanismo Ue di solidarietà. Sulla nave c’erano inoltre 44 minori, al centro anch’essi di aspre polemiche politiche nelle ultime ore, alimentate soprattutto dall’opposizione che ha denunciato la fuga di 26 fra loro dal centro d’accoglienza di Giens.

Ieri, intanto, l’entourage di Macron ha nuovamente evocato il «brutto gesto» da parte di Roma che ha rifiutato l’approdo. Ma dalla stessa fonte all’Eliseo sono giunte parole di disgelo, dato che «l’importante è continuare la cooperazione e non fermarsi qui». Una cooperazione che, per Parigi, fa rima pure con il meccanismo di solidarietà per la ripartizione in Europa dei migranti: in proposito «le persone sbarcate a Tolone saranno detratte dal numero» di quelli che la Francia promette d’accogliere.

In ogni caso, la girandola di dichiarazioni e d’incertezze pare confermare le ambivalenze più generali già denunciate negli ultimi anni dalle Ong umanitarie. «Constatiamo crescenti mezzi per militarizzare ancor più le frontiere, ma pochissimi mezzi supplementari per un’accoglienza più degna. La Francia invia un segnale di chiusura e non sono molto ottimista », dice ad Avvenire Juliette Delaplace, operatrice della Caritas francese (Secours catholique), di base a a Calais. Al contempo, s’accentua pure il dibattito sulle pressioni verso le Ong da parte delle forze dell’ordine, con casi qualificati, dal fronte umanitario, come d’aperta «criminalizzazione».

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