giovedì 8 marzo 2018
Sono gestiti da 720 realtà locali tra gruppi, associazioni e diocesi. Libera ha censito le esperienze di riutilizzo dei patrimoni sottratti alle mafie, diventate «palestre di democrazia»
Una seconda vita ai beni confiscati in 720 realtà locali
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Sono 720 le associazioni, cooperative sociali, diocesi, parrocchie, gruppi scout che in tutta l’Italia (17 regioni su 20) gestiscono beni confiscati alle mafie. È la bella Italia che dice “no” alle cosche in modo concreto. E che mette in pratica, positivamente, la legge 109 del 7 marzo 1996, per l’uso sociale di tali beni. Una legge nata 22 anni fa dalla raccolta di un milione di firme promossa da Libera. In occasione del “compleanno”, l’associazione fondata da don Luigi Ciotti, ha elaborato una ricerca dal titolo “BeneItalia”, che ha censito le esperienze di riutilizzo sociale dei beni confiscati presenti nel nostro Paese. Belle storie ma anche criticità e difficoltà.

Infatti in due casi su tre il bene arriva alla fase del riutilizzo in mediocri o cattive condizioni strutturali e solo nel 12 %, si trova in condizioni buone o ottime. Sicuramente perché spesso vandalizzati dagli stessi mafiosi, ma anche per i lunghissimi tempi tra il sequestro e l’effettivo riutilizzo sociale, in media 10 anni. Per questo Libera auspica la rapida approvazione dei provvedimenti ministeriali di attuazione della riforma del Codice antimafia, attraverso il rafforzamento dell’Agenzia nazionale, l’estensione della confisca dei beni ai corrotti e l’accessibilità ai fondi finanziari di investimenti e per il credito.

«Dalla ricerca – commenta Davide Pati, vicepresidente nazionale Libera – si evidenzia come tante realtà del volontariato, dell’associazionismo, della cooperazione, attraverso l’uso sociale dei beni confiscati sono diventate palestre di democrazia, occasione di lavoro vero, pulito, di accoglienza per le persone fragili e in difficoltà, di formazione e impegno per migliaia di giovani che volontariamente, ogni anno, vi trascorrono un periodo dell’estate».

Per far conoscere e mettere in rete queste pratiche virtuose, Libera lancia fino al 21 marzo, la XXIII Giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, l’hashtag #apriamoilbene con il quale i coordinamenti territoriali del- le associazioni, i soggetti gestori, le scuole, il sindacato, i cittadini attivi racconteranno la loro esperienza e i beni confiscati diventeranno luoghi di memoria e di impegno.

Dai dati raccolti emerge che il maggior numero di realtà sociali (quasi il 50%) è costituito da associazioni di diversa tipologia (384) e cooperative sociali (188). Tra queste ci sono 8 associazioni sportive dilettantistiche, 27 Ats (associazioni temporanee di scopo), 13 consorzi di cooperative, 45 beni gestiti direttamente da diocesi, parrocchie e Caritas, 20 fondazioni, 16 gruppi scout (Agesci e Cngei), 12 istituti scolastici di diversi ordini e gradi, 4 comunità di recupero e di reinserimento per soggetti in condizione di svantaggio, 4 cooperative di lavoratori di aziende confiscate, 2 enti di formazione professionale e 1 ordine professionale. Realtà sociali che gestiscono principalmente appartamenti, ville e terreni.

A dimostrazione della diffusione delle mafie su tutto il territorio nazionale, dopo la Sicilia con 188 soggetti gestori, troviamo la Lombardia con 144. Seguono la Campania con 116, la Calabria con 101, la Puglia con 68 e il Lazio con 41. Complessivamente secondo i dati dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (dati febbraio 2018) sono 13.146 i beni immobili destinati, con nuovamente la Sicilia prima regione con 5.110 beni immobili destinati, seguita dalla Calabria con 2.265 beni immobili e Campania con 1.906. Sono invece in totale 17.333 gli immobili in gestione (in attesa di risolvere criticità e di essere destinati alle amministrazioni statali ed agli enti locali): con 6.339 immobili in gestione è la Sicilia la prima regione seguita da Campania con 2.573 e Calabria 2.154.

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