venerdì 3 aprile 2020
Lavorano negli ospedali del Torinese.«Cerchiamo di fare bene il nostro dovere, anche se a volte è dura» racconta Barbara, la maggiore di casa
I fratelli Tizzani

I fratelli Tizzani - Foto la Valsusa

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Con sei figli al fronte, mamma Rosina ha aumentato le preghiere quotidiane. «Andrà tutto bene», ripete a chi le sta vicino ed è come se lo dicesse a ciascuno dei suoi ragazzi e ragazze che, da settimane, combattono in prima linea contro il coronavirus, come scrive il settimanale cattolico La Valsusa. Con questo incoraggiamento quotidiano, i sei fratelli Tizzani (sei di undici figli), entrano in reparto. Barbara ed Emanuele lavorano all’ospedale di Rivoli, nel Torinese, lei al Pronto soccorso e lui in Cardiologia. Pietro e Davide al Pronto soccorso del “San Giovanni Bosco” di Torino, Maria al Pronto soccorso delle “Molinette” e Alessandra nel reparto di Medicina di Ciriè, sempre nell’area metropolitana torinese. All’Oie di Parigi, l’Organizzazione mondiale della sanità animale, si trova invece Paolo, il settimo fratello e anche lui studia i metodi più efficaci per rilevare la presenza del virus. Tutti in prima linea perché così hanno insegnato loro il nonno Felice, per tanti anni medico in Val Sangone e papà Pierluigi, primario di Medicina e direttore sanitario a Giaveno - dove c’è la casa di famiglia - che quando chiudeva lo studio girava nelle abitazioni dei poveri, che visitava gratuitamente.

«Papà è mancato improvvisamente nel 2015 e in questi giorni penso spesso a lui – racconta Barbara, la più grande dei sei fratelli medici –. Ora lui è al sicuro. Perché se fosse ancora tra noi, certamente si sarebbe arruolato volontario. Era il suo modo di intendere la professione: lavorare al meglio senza risparmiarsi, facendo fino in fondo il proprio dovere. Ed è ciò che cerchiamo di fare anche noi, ognuno per la propria parte».

Un lavoro che sta chiedendo ai sei fratelli Tizzani grandi sacrifici anche dal punto di vista familiare. Barbara da un mese non abbraccia più i suoi due figli di 7 e 10 anni e anche il marito osserva il “distanziamento sociale” previsto. Troppo grande la paura di trasmettere ai propri cari il morbo con cui, da settimane, è costretta a “convivere”. La “nuova famiglia” di Barbara (e dei suoi fratelli e sorelle) sono diventati così i malati di Covid-19. Di alcuni hanno festeggiato il compleanno al posto dei parenti, non ammessi in reparto. Altri, purtroppo, li hanno accompagnati alla morte, diventando, di volta in volta, padre, madre, fratello o sorella dei caduti. «Qualcuno è riuscito a fare un’ultima telefonata ai propri cari – riprende Barbara –. Altri hanno percorso soltanto con noi l’ultimo tratto del cammino terreno».

Chi fa il medico lo mette in conto, anche se non ci si può mai abituare alla morte. Un aspetto della professione che, soprattutto in questi tempi, sta diventando un fardello a volte troppo pesante da portare. Anche in questo, i sei fratelli Tizzani si vengono in aiuto a vicenda. «Abbiamo una chat che usiamo per scambiarci le esperienze e le ricerche che ciascuno sta compiendo – aggiunge Barbara –. Ma in questi giorni, la usiamo anche per incoraggiarci e sostenerci a vicenda. Perché comunque è dura».
Lo spiega bene Davide, il fratello più piccolo, in un contributo sul blog Empills, curato da professionisti della Medicina d’urgenza.

«La paura siede vicino a me in macchina quando salgo per dirigermi a lavoro – scrive il giovane medico –. La mia paura è differente. È La paura di essere impotente, di essere inadatto. La paura di non essere pronto. Di non essere abbastanza. E di essere solo. Circondato da tute asettiche tutte uguali senza volto, non riconosco più il collega vicino a me. E scopro di essere solo. Di volerlo urlare. Ma non c’è nessuno che mi ascolta». I sei fratelli Tizzani sanno, però, che davvero soli non saranno mai. Perché ad accompagnarli in reparto ci saranno, tutti i giorni, le preghiere di mamma Rosina.

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