martedì 23 luglio 2013
Parla l'autore della «porta d'Europa» che sull'estremo dell'isola accoglie chi sbarca in cerca di nuove speranze: «Giusto recuperare il senso di solidarietà».
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La generosità con cui la gente di Lampedusa sta da anni rispondendo all’emergenza immigrazione nel cuore del Mediterraneo merita di essere candidata al Nobel. È questo il senso della proposta che Avvenire ha rilanciato la scorsa settimana dopo le parole pronunciate dal Papa l’8 luglio scorso durante la visita a Lampedusa a proposito della generosità dei lampedusani: «Che il vostro esempio sia un faro in tutto il mondo, perché abbiano il coraggio di accogliere quelli che cercano una vita migliore. Grazie per la vostra testimonianza». Sull’idea di candidare al Nobel per la pace la gente dell’isola – che già era stata oggetto di una risposta a un lettore del nostro direttore Marco Tarquinio il 30 marzo 2011 – abbiamo intervistato nei giorni scorsi i senatori Renato Schifani (Pdl) e Anna Finocchiaro (Pd), il governatore del Veneto, Luca Zaia (Lega), il ministro per Pubblica amministrazione e la semplificazione Gianpiero D’Alia (Scelta Civica), il presidente del Senato, Pietro Grasso (Pd). Tutti, nei rispetti ambiti di competenza, hanno promesso di sostenere e promuovere l’idea del Nobel. Domenica anche l’assessore regionale al Turismo della Regione Sicilia, Michela Stancheris, ha dichiarato di appoggiare l’idea, perché «sarebbe un atto dovuto nei confronti di un’isola sempre straordinariamente accogliente».«Credo che sarebbe un caso unico nella storia, non mi sembra vi siano esempi simili. E mi fa immenso piacere che si pensi di dare il Nobel per la Pace alla popolazione di Lapedusa». Mimmo Paladino è l’autore del portale che, nel lembo estremo di Lampedusa, ultimo angolo d’Europa nel mare che bagna l’Africa, segnala agli immigranti il senso dell’accoglienza. «I lampedusani vivono distanti da tutto, letteralmente isolati tra le onde. E la loro non è vita facile – lo dico da uomo del Sud. In quelle condizioni, tanto maggiore è il loro merito quando si mobilitano per accogliere i nuovi arrivati, e per salvare chi corre il rischio di non farcela...». Che esperienza ne ha avuto, personalmente?Solo indiretta. Ma non per questo mi è estraneo il problema degli sbarchi, della ricerca di un luogo sicuro dove approdare. Ho partecipato a quelle sofferenze. Le ho vissute attraverso i racconti di tante persone. Ricordo con commozione quanto mi ha riferito l’amico Mimmo Cuticchio, il puparo, dei frammenti di barche distrutte che battono contro gli scogli. Con le sue narrazioni mi ha fatto vedere i volti delle persone, la loro paura, la loro tragedia. E comprendo la compassione di chi sa aprire le braccia e soccorrere: credo sia un esempio di autentica nobiltà. Tanto maggiore perché silenziosa, vissuta in quel posto lontano dal mondo come un gesto di elementare solidarietà umana. Sì, sarebbe bello che gli fosse riconosciuta quella grande dignità umana con il Nobel per la pace: che sia di esempio per i popoli del mondo.La porta che lei ha eretto è simbolo di questa capacità di accogliere.È un portale aperto. Non c’è porta, non c’è chiusura possibile. E non lo penso come simbolo, né come monumento. Ma come una cosa minima, composta di piccoli frammenti di vita: le ciotole, il cibo, le mani. Le scarpe, che ci permettono di camminare e di andare lontano.Un segno che dice "benvenuto" a chi arriva, nel linguaggio universale dell’arte...Sì, l’arte è un linguaggio universale: lo dimostra la storia. I popoli parlano lingue diverse, ma si ritrovano nelle esperienze comuni e nei segni che permettono di riconoscersi al di là delle barriere. Certo, siamo tutti diversi, ma attraverso l’emozione che l’arte sa suscitare sappiamo ritrovarci nel nostro comune essere umani. Così, anche attraverso i differenti linguaggi artistici riconosciamo l’unità dell’essere. L’arte ci spinge a riconoscerci fratelli.Un messaggio, questo dell’unità nella diversità, che è stato portato anche da Papa Francesco a Lampedusa...Mai mi sarei aspettato che un papa giungesse fin là dove è stato collocato il portale sul mare a Lampedusa. Certo, quando ho composto quell’opera pensavo al senso dell’accoglienza, al varco aperto, ai segni nei quali potessero riconoscersi gli immigrati. Ma, con la sua visita, Papa Francesco le ha dato un significato nuovo, più vero, più vivo. Il messaggio che ha espresso, ha un grande significato: anzitutto di civiltà.. Quell’isola è il luogo più distante del nostro continente, è il confine meridionale dell’Europa. Ma è dove le civiltà si incontrano, non dove si scontrano o si escludono. L’opera di un artista, così, può diventare qualcos’altro, generando attenzione verso  la necessità di recuperare il senso della solidarietà umana. Anche oggi. Soprattutto oggi. Il nobel per la Pace, dato a chi sa accogliere sulla propria terra, fin nelle proprie case, può divenire il segno di un’umanità nuova. Veramente universale.
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