martedì 22 maggio 2018
Quarant’anni per la scienza sono un’infinità. All’epoca del varo della 194 non si conosceva la potenzialità interattiva del figlio con la madre prima della nascita, non si sapeva come il Dna ...
Conoscenze rivoluzionate. Nel grembo materno il faro della scienza
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Quarant’anni per la scienza sono un’infinità. All’epoca del varo della 194 non si conosceva la potenzialità interattiva del figlio con la madre prima della nascita, non si sapeva come il Dna viene influenzato dalle esperienze prenatali, e pochissimo si sapeva della sensorialità fetale.

Oggi conosciamo molto. Nel numerodi aprile 2018 la rivista sicnetifica tedesca Utraschall in der Medizinspiegava che «il feto elabora gli stimoli sensoriali a livello corticale, inclusi quelli dolorosi, dalle 25 settimane di gestazione. A 34 settimane il feto non solo percepisce suoni complessi ma discrimina tra suoni diversi. Comportamenti motori finalizzati sono presenti a 22 settimane e progrediscono nel tempo. Le capacità del feto di imparare sono prodigiose».

Già questobasterebbe per dare un’idea di quello che nel 1978 non si sapeva. Ma c’è di più se si pensa che si è osato pensare e fare quello che allora sembrava fantascienza: eseguire interventi chirurgici sul feto senza estrarlo dall’utero, cioè trattarlo come un paziente. Molti congressi intitolati «The fetus as a patient» (Il feto come paziente) si sono da allora tenuti in giro per il mondo per spiegare le potenzialità diagnostiche e terapeutiche prenatali; che vanno di pari passo con il riconoscimento della necessità di fornire anestesia al feto duranti questi interventi perché può sentire dolore.

Ma c’è di più: la rivista Infant Behavior and Developmentha misurato come reagisce un feto nel secondo e terzo trimestre alle sollecitazioni tattili attraverso l’addome materno, mostrando addirittura che se è la madre a toccare l’addome il feto si comporta differentemente. Ciò vale, come è stato riportato su PlosOne nel giugno 2017, anche per la voce materna, cui il feto risponde sempre più attivamente man mano che la gravidanza progredisce. In questi quarant’anni abbiamo appreso che l’utero non è una cassaforte ma un mezzo di scambio altamente protettivo, che fa filtrare stimoli di vario tipo: addirittura i gusti alimentari si formano prima della nascita per via delle sostanze che la mamma mangia e che, filtrate dalla placenta, arrivano al feto, come ha mostrato la texana Julie Mennella. Una delle più importanti riviste mediche pediatriche, Early Human Development ha per sottotitolo «Rivista che tratta della continuità dalla vita fetale a quella neonatale», e l’altra grande rivista Archives of Disease in Childhood ha una sezione intitolata «Fetal and Neonatal Edition».

Molto si è imparato su come prevenire le malattie nel feto: dalla somministrazione di acido folico per evitargli problemi neurologici a quella di cortisonici per fargli sviluppare i polmoni in caso di parto prematuro; e anche la prevenzione da inquinanti ha fatto grandi passi riconoscendo il feto come soggetto da tutelare rispetto alle sostanze che la mamma può ingerire o respirare. Al tempo stesso, abbiamo imparato che il cervello della mamma in gravidanza va incontro a trasformazioni positive che favoriscono la resistenza e l’attaccamento col bambino. Ma abbiamo anche imparato che la gravidanza è vissuta con difficoltà, un intralcio per via di un mondo lavorativo che non rispetta le donne. Per questo la lezione di questi quarant’anni è che non possono esistere difensori del feto contrapposti a difensori delle donne ma un’alleanza, perché laddove si rispetta la donna necessariamente si rispetta anche il bambino, e viceversa.

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