mercoledì 10 ottobre 2018
Basta uno stop alla struttura di Acerra per far entrare in fibrillazione tutto il sistema di raccolta
Nella periferia di Napoli cumuli di rifiuti lasciati in strada: l'equilibrio nella raccolta in Campania è precario (Ansa)

Nella periferia di Napoli cumuli di rifiuti lasciati in strada: l'equilibrio nella raccolta in Campania è precario (Ansa)

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Un equilibrio precario. Così lo ha definito qualche tempo fa lo stesso sindaco Luigi de Magistris. È quello su cui si regge il sistema di smaltimento dei rifiuti di Napoli e della Campania. Basta un inconveniente perché il meccanismo s’inceppi e i sacchetti dell’immondizia restino in strada.

Tante piccole crisi che ne rivelano l’insufficienza. L’ultima proprio in questi giorni, con le strade delle periferie – i maggiori disagi a Scampia, Napoli Est e Pianura – invase dai sacchetti. Ma è anche il centro a soffrire la mancata raccolta: cumuli di rifiuti si possono vedere nel salotto buono della città, a Chiaia. Colpa, ha spiegato Francesco Iacotucci, amministratore delegato di Asia, la società comunale che si occupa della raccolta rifiuti a Napoli, «della saturazione degli Stir (stabilimenti di tritovagliatura e imballaggio rifiuti, ndr ) di Giugliano, Caivano e Tufino».

A peggiorare le cose c’è il fatto che le gare bandite dalla Regione Campania e dalla Sapna, società della Città metropolitana, da un po’ di tempo a questa parte vanno puntualmente deserte. Risultato: code dei camion agli Stir di 18/24 ore e rifiuti lasciati in strada. La carenza degli impianti presenti sul territorio campano, per la quale l’Italia paga all’Ue una multa da 120mila euro al giorno, fa sì che il sistema si regga proprio sui viaggi dell’immondizia fuori regione. Ma con la crisi che ha coinvolto Roma, è cambiato tutto. Da quando è stata chiusa la maxi-discarica di Malagrotta, i rifiuti della capitale e del Lazio hanno invaso il mercato, l’offerta è diminuita e i costi sono aumentati di 35 euro rispetto allo scorso anno.

Altro pilastro su cui si regge il precario equilibrio del ciclo dei rifiuti di Napoli e Campania è il termovalorizzatore di Acerra, che riesce a trattare 750mila tonnellate di frazione secca l’anno. La frazione umida che esce dagli Stir è affidata invece ai viaggi fuori regione. Di impianti di compostaggio, che garantirebbero un risparmio di 125 euro rispetto ai “monnezza tour”, non c’è traccia. Basta che l’impianto di Acerra rallenti perché salti tutto. È accaduto tra la fine di aprile e l’inizio di maggio, quando una delle tre linee è stata ferma per la manutenzione ordinaria, peraltro prevista e annunciata con sette mesi di anticipo. In quei giorni, nelle strade del capoluogo sono restate a terra 800 tonnellate di spazzatura.

C’è poi il capitolo differenziata. De Magistris ne aveva fatto il cavallo di battaglia della sua prima campagna elettorale. L’obiettivo sbandierato dal primo cittadino era il 70% in sei mesi. Ma, dopo sette anni alla guida della città, l’ex magistrato si è dovuto arrendere alla triste realtà: il dato della raccolta supera di poco il 30%, attestandosi ben 20 punti sotto la media nazionale. La Regione ha cercato di mettere ordine in questo guazzabuglio. Il governatore della Campania Vincenzo De Luca ha fatto inserire gli impianti di smaltimento tra le “opere di interesse strategico regionale”. Grazie a questo provvedimento la giunta guidata dall’ex sindaco di Salerno potrà vincere più facilmente le resistenze delle comunità locali di fronte all’esigenza di nuovi impianti, senza i quali il ciclo dei rifiuti della Campania non può dirsi completo. Infatti, incassato il no definitivo alla creazione di nuovi termovalorizzatori (peraltro costosissimi) sul suolo regionale, De Luca ha preso un chiaro impegno con Bruxelles per superare definitivamente la crisi: differenziata al 60%, bonifica delle discariche e soprattutto creazione di 15 impianti di compostaggio, grazie ai quali rendere la Campania autosufficiente. In virtù della nuova legge, la giunta, una volta individuata un’area in cui far nascere un impianto, convocherà gli enti interessati in conferenza di servizi, lasciando la possibilità di motivare l’eventuale dissenso in diversi step . Se dopo 60 giorni non si trova una soluzione condivisa, l’esecutivo può passare ugualmente all’approvazione del progetto, motivandone la coerenza con la programmazione strategica regionale.

QUI FIRENZE L'inciviltà dei materassi nel centro storico di Andrea Fagioli

QUI MILANO Eccezione virtuosa, con differenziata e termovalorizzatori di Davide Re

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