mercoledì 27 giugno 2018
Il vescovo di Nola a don Salvatore Purcaro, sacerdote a Brusciano: sono con te, la Chiesa non teme nulla. Poi su Facebook esplode la faida virtuale tra i clan
Foto dal profilo Facebook di don Salvatore Purcaro

Foto dal profilo Facebook di don Salvatore Purcaro

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"Vi imploro: convertitevi". Sono bastate queste tre parole per scatenare la furia delle donne del clan Rega. A pronunciarle il giovane parroco di Brusciano, don Salvatore Purcaro, dopo aver appreso - insieme a tutta la città - la notizia della retata che ha portato in carcere 6 affiliati per estorsione, lesioni e aggressione a danno di imprenditori locali che dovevano pagare il "pizzo per i carcerati".

In una città sotto choc, attraversata da mesi da una faida tra i Rega e un clan scissionista, don Salvatore ha pensato ieri pomeriggio di tendere la mano, di usare parole di misericordia cui potessero aggrapparsi familiari e affiliati dei clan per uscire dall'ombra della malavita. Già lo scorso Natale, le parrocchie di Brusciano conclusero i riti notturni della Vigilia in piazza, alla luce delle candele, per chiedere ai camorristi di "svegliarsi dal sonno". Come simbolo don Salvatore e i fedeli scelsero Beniamino, il pastore che nel presepe napoletano resta addormentato mentre nella grotta nasce Gesù: la Brusciano che non ci sta ha scelto lui come metafora della camorra locale, uno stato di incoscienza, di sonno della ragione da cui, però, ci si può ancora risvegliare.

Nonostante l'attenzione di don Salvatore a non pronunciare parole di condanna prima che siano celebrati i processi, nonostante il desiderio di un dialogo "cuore a cuore", la reazione dei familiari, in particolare delle donne del clan, è stata violentissima.


Sulla bacheca Facebook del sacerdote sono piovuti insulti e minacce che fanno impallidire "Gomorra", estesi poi a coloro che difendevano e sostenevano don Salvatore. Diversi "commentatori" hanno anche ricevuto messaggi privati sui social network con minacce e offese - se possibile - ancora più esplicite. Ora tutto è al vaglio degli inquirenti che valuteranno se agire per calunnia, diffamazione e minaccia.

Il sostegno al coraggio di don Salvatore dal vescovo di Nola

Don Salvatore resta sereno: "Ho celebrato i funerali dei loro cari, li ho visti piangere, restano figli e figlie della mia comunità", le sue parole dopo l'accaduto. Stamattina anche il vescovo di Nola Francesco Marino ha voluto inviare un messaggio di solidarietà al sacerdote: "Sono con te nell'opera di educativa a favore della giustizia e della legalità", "la Chiesa non ha nulla da temere" e sostiene il coraggio della verità e della testimonianza di don Salvatore. Il vescovo Marino poi, rivolgendosi ai membri dei clan, fa sue le parole del parroco di Brusciano: "Convertitevi! Approfittate della presenza di don Salvatore in mezzo a voi: con lui, nelle vostre case, arriva il Signore. Convertitevi! Scegliete la comunità e non il clan".

Eppure c'è altro ancora che inquieta nello sviluppo di questa storia: mano a mano, a commentare il post del sacerdote sono arrivati anche dei contatti "fake" ingaggiando con i familiari del boss Rega un duello di insulti e presunte rivelazioni di natura criminale e privata.

Un esponente del clan rivale "sotto copertura"? Un "pentito"? Un imprenditore vessato? Anche questo ora cadrà sotto gli occhi delle forze dell'ordine, che vedono rovesciate sulle piazze digitali informazioni di presunti reati che andranno vagliate. Forse questa storia scoppiata all'improvviso avrà almeno il merito di far vedere a chi ha il vizietto di minimizzare come parla e agisce la camorra vera, che poco ha a che fare con quella quasi romanzata dei film e delle serie tv.

Nel picco delle polemiche, tuttavia, il giovane parroco di Brusciano compie un altro gesto simbolico, che in qualche modo chiude il cerchio e abbassa la tensione: si reca di persona nella case dei familiari che gli hanno lanciato strali su Facebook. Incassa le scuse (alcuni commenti sgradevoli sono stati anche cancellati dai diretti interessati), ribadisce che l'invito alla conversione è un gesto che la Chiesa offre come opportunità e non come una condanna preventiva, infine invita il "popolo social" dalla sua bacheca a continuare insieme il cammino verso la legalità lasciando sempre aperta la porta del perdono. "Un sacerdote vuole condurre in Paradiso, non all'Inferno", spiega. E con queste parole mette fine a 48 ore ad altissima tensione.

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