lunedì 15 novembre 2021
L'esposizione, fino al 28 novembre a S.Andrea al Quirinale, per celebrare l'anniversario del servizio dei gesuiti per i rifugiati. All'inaugurazione il cardinale De Donatis. Il messaggio del Papa

Per i suoi 40 anni di attività il Centro Astalli, Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati in Italia, inaugura la mostra «Volti al futuro», venti ritratti di rifugiati accolti al Centro Astalli, realizzati da Francesco Malavolta nelle strade di Roma. La mostra, che fino al 28 novembre sarà esposta nella berniniana chiesa di Sant’Andrea al Quirinale, è stata inaugurata dal cardinale Angelo De Donatis, Vicario di Papa Francesco per la Diocesi di Roma, dal cardinale Michael Czerny, sotto segretario della Sezione Migranti e Rifugiati della Santa Sede, dal presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, dal sindaco di Roma Roberto Gualtieri.

«Non vogliamo celebrare il passato - ha detto padre Camillo Ripamonti, presidente Centro Astalli - ma vogliamo impegnarci da oggi a costruire il futuro con i rifugiati. Per questo siamo qui, per rinnovare il nostro impegno nella costruzione di comunità aperte e solidali in cui i migranti vengano percepiti come una ricchezza, come un dono. Noi da 40 anni a Roma lo sperimentiamo ogni giorno. Operatori e volontari sono testimoni credibili della bellezza dell’incontro con i rifugiati».

Papa Francesco ha voluto scrivere il saluto introduttivo della mostra fotografica del Centro Astalli: «Pensando a voi rifugiati - è il messaggio del Santo Padre - mi viene in mente il popolo di Israele che per 40 anni cammina nel deserto, prima di entrare nella Terra Promessa. Liberato dalla schiavitù, ha impiegato il tempo di una generazione per costituirsi come popolo». Così «molti tra voi sono dovuti scappare da condizioni di vita assimilabili a quelle della schiavitù». Durante il viaggio «troppo spesso vi scontrate con un deserto di umanità», mentre «nazionalismi e populismi si riaffacciano a diverse latitudini, la costruzione di muri e il ritorno dei migranti in luoghi non sicuri appaio come l'unica soluzione di cui i governi siano capaci per gestire la mobilità umana». Nonostante tutto sono tanti «i segni di speranza». E i rifugiati sono «segno e volto di questa speranza», nell'augurio che «si realizzi veramente la cultura dell'incontro»






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