mercoledì 28 febbraio 2018
l 5 settembre un commando palestinese provoca una «assurda strage»: morti 11 atleti israeliani. Ma fu giusto riprendere i Giochi?
Una delle stanze teatro della strage al Villaggio Olimpico di Monaco di Baviera (Ansa)

Una delle stanze teatro della strage al Villaggio Olimpico di Monaco di Baviera (Ansa)

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«La fine delle Olimpiadi». A una settimana dalla strage di Monaco di Baviera, il titolo del commento in prima pagina, non firmato, è la sintesi del pensiero di Avvenire. Il potente e chiacchierato boss del Cio, Avery Brundage, che ha voluto a tutti i costi che i Giochi proseguissero e alla fine esulta, viene definito «un fanatico». E Paolo VI? Il suo commento può essere riassunto in uno sconsolato: «Poveri noi! Poveri noi!».

Il 1972 è un anno importante per Avvenire. L’8 aprile cominciano le trasmissioni del giornale in fac-simile, che viene stampato a Pompei, oltre che a Milano, coprendo il Centro-Sud. È il primo quotidiano italiano a realizzare "l’impresa". Intanto Walter Tobagi indaga sugli estremismi, Guglielmo Zucconi per alcuni mesi ha un suo spazio ogni sabato, e in estate Alessandro Cassaghi realizza tre ampie puntate sul gioco d’azzardo, tema dunque non nuovo per Avvenire che oggi conosciamo.

Ma tutto passa in secondo piano il 5 settembre, quando a Monaco, dove si stanno disputando i XX Giochi olimpici, un commando di terroristi palestinesi di "Settembre nero" fa irruzione al villaggio olimpico dove prende in ostaggio un gruppo di atleti e allenatori israeliani, ammazzandone subito due. Scrive l’inviato Marco Ancarani: «La tragedia si è abbattuta fulminea, stamani alle 5, quando la città dei Giochi era ancora immersa nel sonno (...). I terroristi vogliono il rilascio di duecento palestinesi prigionieri nelle carceri israeliane». Il primo commento è affidato ad Angelo Paoluzi, che invita ad allargare lo sguardo ben oltre il villaggio olimpico: «Riemerge una realtà che si era finto di dimenticare: nel Medio Oriente c’è la guerra, un conflitto permanente e totale che coinvolge i protagonisti immediati, sconcerta i testimoni vicini e lontani, chiama in causa le grandi potenze». L’idea che in fondo quel conflitto non ci riguardasse viene smentita nel mondo più feroce.

L’epilogo è rapido, il peggiore immaginabile: un massacro, di terroristi e ostaggi. Il 7 settembre Giorgio Basadonna, firma frequente su Avvenire per molti anni, in «Assurda strage» avverte: «Nessuno si senta innocente». L’attacco terroristico è stato «assurdo e crudele». Ciò premesso, Basadonna prosegue: «Che due o tre individui in nome di una "giustizia" presente o di un domani migliore prendano a tradimento persone innocenti desiderose soltanto di pace e di amore e impegnate realmente a trasformare il proprio angolo di mondo, che le imprigionino, le torturino, le uccidano è un fatto che si ripete ogni giorno in tanti e tanti Paesi sotto gli occhi di tutti, e purtroppo con la complicità generale e spesso con la copertura della legalità».

Basadonna ricorda Budapest e Praga, le dittature dell’Europa occidentale e dell’America Latina, l’Indocina. E ancora: «Tutte le morti sul lavoro e gli inganni, le delusioni, le attese inutili di tanta povera gente che siccome non comanda non è mai considerata, non sono altrettanti attentati contro la dignità di ogni uomo?». Avvenire invita a riflettere e intanto informa e approfondisce. Enzo Ferraiuolo, ad esempio, racconta la storia del gruppo terroristico "Settembre nero", sorto nel 1970 dopo il massacro dei fedayn a opera dell’esercito giordano.

Ma la domanda che rimbalza per più giorni su più pagine è riassunta in un titolo del 7 settembre: «Era giusto riprendere queste Olimpiadi?». La risposta viene affidata agli atleti. Pietro Mennea, visibilmente scosso, domanda: ma come facevano tanti atleti a divertirsi e giocare mentre poco distante si consumava la tragedia? «Non capisco come potessero andarsene in giro come se nulla fosse». Più esplicito l’ostacolista Sergio Liani: «Basta con queste Olimpiadi. Non si può gareggiare con tanti morti nella mente».
I giorni seguenti sono una sorta di Via Crucis. «Molte ombre sui fatti di Monaco» (8 settembre: la strage poteva e doveva essere evitata). «Attacchi aerei israeliani contro Siria e Libano» (9 settembre: la ritorsione è immediata).

«Oltre 100 morti. Giù tre jet siriani» (10 settembre: la ritorsione moltiplica le vittime, in gran parte – se non tutte – estranee ai fatti di Monaco). Massimo Ranghieri («I giorni del terrore») commenta: «Se sono esecrabili le follie di "Settembre nero" (...) non si può che rimanere allibiti e addolorati per la sorte di due milioni di palestinesi, che dopo aver perduto la loro terra ora perdono la vita». Fino al 12 settembre: «La fine delle Olimpiadi». Di quelle Olimpiadi. I giochi ovviamente proseguiranno, ma il 5 settembre 1972 sarà una data spartiacque, con un prima e un dopo. Il dopo sarà fatto di villaggi olimpici blindati, paura, diffidenza. Se mai l’avevano avuta, i Giochi avevano perso definitivamente la verginità. Verranno gli anni dei boicottaggi incrociati, del doping scientifico, e infine del dio mercato. Che dei Giochi farà un sol boccone.

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