giovedì 6 giugno 2013
Il giorno dopo la denuncia di Avvenire, il direttore generale del dipartimento energia: «Non abbiamo prove dell’esistenza delle scorie ma non riusciamo a fare verifiche nel sottosuolo».
LA DENUNCIA Il giallo della radioattivitànelle solfatare di Nello Scavo
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Rappresentano l’anima industriale più antica della Sicilia, luoghi di sofferenza e dignità, di malattia e di riscatto. Le miniere di zolfo e i giacimenti di salgemma e sali potassici ormai in disuso da qualche decennio sono la testimonianza di un entroterra rurale fatto di lavoro e fatica. Poco avalorizzati da un punto di vista turistico, questi siti di archeologia industriale sono, talora, sotto la concreta minaccia di inquinamento ambientale o, addirittura, di scorie radioattive. Le indagini dei magistrati stanno facendo il loro corso. Quella coordinata dal procuratore aggiunto di Caltanissetta, Lia Sava, per l’ex area estrattiva di Bosco-Palo, sembra alle battute finali, come dichiarato dal magistrato ad Avvenire. Ma la Regione siciliana non vuole restare a guardare.L’intenzione è quella di rendere di nuovo produttive queste aree dismesse, affidandole alla creatività e alle risorse dei privati. Ma prima bisogna fare chiarezza sulle condizioni di questo "esplosivo" patrimonio. I problemi più seri riguardano solo quattro siti minerari delle province di Caltanissetta, Enna e Agrigento, in cui venivano estratti sali potassici (kainite). Ma per gli altri ottanta distribuiti nei vari distretti minerari siciliani, per lo più ex zolfare, l’unico rischio è il totale abbandono, che dura già da trent’anni. «Non abbiamo prove di presenza di scorie radioattive - precisa Maurizio Pirillo, il dirigente generale del dipartimento Energia della Regione -. Le ultime relazioni dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale, riferite ai mesi di gennaio e febbraio riguardo ai siti di Bosco Palo e Pasquasia, non rilevano valori di radioattività preoccupanti. L’Arpa, però, precisa che non per questo si può affermare la presenza o la assenza di materiale radioattivo all’interno delle gallerie sotterranee. Il problema vero è che non si può andare a verificare da vicino nel sottosuolo».Nessuno era a conoscenza delle dichiarazioni rese ai magistrati dall’ex presidente della Regione, Raffaele Lombardo, nell’aprile 2011, che riferisce della presenza a Pasquasia di «una sorgente radioattiva, rilevata a 300 metri di profondità». «Se la magistratura dovesse accertare rischi per la salute pubblica – commenta Pirillo, braccio destro dell’assessore regionale all’Energia e ai Rifiuti Nicolò Marino –, interverremo».La reale preoccupazione della Regione, in questo momento, è il rischio inquinamento ambientale prodotto dal vandalismo e dai furti di rame, in quattro siti minerari. Oltre a Pasquasia, anche i siti di San Cataldo, Racalmuto e Milena, vengono tenuti sotto controllo dal personale dell’ex Ente minerario siciliano confluito nella Resais, per timore di incursioni. È previsto anche un sistema di videosorveglianza. Quello che è accaduto qualche tempo fa a Pasquasia, nell’Ennese, ha fatto scuola. Alcuni ladri, durante un tentato furto di fili di rame, ruppero dei trasformatori da cui si riversarono circa otto tonnellate di olio dielettrico, fortemente inquinante. Le gigantesche macchie d’olio poi furono ripulite, ma resta ancora la bonifica più importante, quella dall’amianto. Un appalto da venti milioni finanziato da Stato e Regione, fermo per un contenzioso, che il Tar Lazio ha sbloccato un paio di settimane fa aggiudicando la gara alla “1 Emme"” di Brescia.
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