lunedì 20 marzo 2017
Dura la reazione del procuratore di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho, alle minacce al vescovo e a don Ciotti. «I politici cassa di risonanza degli interessi della 'ndrangheta».
Il procuratore avverte: «I mafiosi sappiano che li stiamo seguendo»
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"Questo dimostra ancora una volta che la 'ndrangheta vuole prenderci in giro. Sono i mafiosi a rubare i posti di lavoro". È il duro commento del procuratore di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho alle scritte di minacce comparse sul muro dell'episcopio di Locri. Minacce prese molto sul serio. Il procuratore ha preso in mano lui stesso l'indagine, confermando, come pieno sostegno a don Ciotti e al vescovo Oliva, la sua presenza domani a Locri in occasione della Giornata della memoria e dell'impegno promossa da Libera con la piena adesione dei vescovi calabresi.

Poi torna ad accusare. "Le imprese fuggono perché la 'ndrangheta intimidisce, pretende la solita tangente. Proprio la scorsa settimana un'impresa non calabrese che lavorava all'archivio della Corte d'appello, ha abbandonato tutto ed è fuggita per le intimidazioni. Non sono gli sbirri o lo Stato ma la 'ndrangheta a rubare lavoro e futuro a questa terra. I calabresi lo sanno ma ancora si lasciano abbindolare e tollerano queste scritte. Questo mi fa arrabbiare moltissimo. E poi si capisce perché alcuni politici e amministratori finiscono coinvolti nelle indagini, perché sono la cassa di risonanza degli interessi della 'ndrangheta".

Infine un messaggio chiaro alla 'ndrangheta. "Noi siamo molto attenti. I mafiosi devono sapere che li stiamo seguendo, li abbiamo identificati quando si sono avvicinati alle iniziative di questi giorni, sappiamo chi sono e cosa fanno".

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