venerdì 9 marzo 2018
Distrutta l'auto del sociologo Marco Omizzolo in campo contro gli abusi nell'Agro Pontino
Minacce e intimidazioni al sociologo «nemico» dei caporali
COMMENTA E CONDIVIDI

Grave intimidazione contro Marco Omizzolo, il sociologo impegnato da anni nel denunciare lo sfruttamento dei lavoratori migranti nel sud Lazio e nel sostenere i loro diritti, contro caporali e imprenditori di pochi scrupoli. Nella notte tra sabato e domenica scorsa sono state squarciate le quattro gomme della sua auto, sventrato a colpi di cacciavite il cofano, sfondato il parabrezza.

È l’ennesimo atto violento nei suoi confronti. Preceduto da varie lettere minatorie e nell’agosto di due anni fa da un primo danneggiamento dell’auto. Per questo, dopo la denuncia ai carabinieri, il prefetto di Latina ha convocato una riunione del comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza, nel corso del quale saranno decise delle misure di tutela nei confronti di Omizzolo, che è anche consulente scientifico della cooperativa 'InMigrazione' che gestisce un centro di accoglienza per migranti e organizza corsi di formazione sia per operatori che per gli stessi richiedenti asilo. Un’attività che evidentemente dà fastidio, anche perché occuparsi di migranti in questi territori dell’Agro Pontino, vuol dire spesso intercettare gli interessi e gli affari della criminalità organizzata, che in provincia di Latina è sempre più presente.

«Sabato a sera inoltrata – ci racconta Omizzolo – sono tornato da Venezia dove avevo tenuto una lezione all’Università. Ho parcheggiato l’auto sotto casa a Sabaudia, e la mattina quando sono uscito ho trovato tutte le ruote bucate, il cofano sfondato in cinque punti, rotto anche il parabrezza e uno sfregio che sembra una S sulla fiancata. Non mi sembra il gesto vandalico di un ragazzino. Ci hanno perso tempo». Oltretutto, aggiunge Omizzolo, «l’auto è nuova e pochi lo sanno. E ho cambiato casa appena da tre mesi e anche questo non lo sa nessuno. Evidentemente qualcuno aveva gli occhi puntati su di me». Ma, lui non molla di certo. «Ho provato una profonda indignazione per l’ennesimo atto intimidatorio ma vigliacco. Come sempre non mi fermeranno e soprattutto non fermeranno l’azione di difesa dei diritti dei lavoratori immigrati e contro le mafie ».

Omizzolo lo scorso anno era riuscito ad organizzare il primo sciopero dei lavoratori sikh, un’iniziativa che aveva molto disturbato. Nel territorio della provincia vivono 30mila lavoratori indiani, in gran parte occupati nell’agricoltura, sfruttati da caporali e imprenditori. Una situazione che, coma abbiamo scritto alcuni mesi fa, vede fortemente impegnata la diocesi attraverso gli sportelli della Caritas. «Io – ricorda Omizzolo – cito sempre il vescovo di Latina, Mariano Crociata che appena insediato ha fatto un bellissima lettera alla comunità indiana e ha organizzato varie iniziative di accoglienza e di servizio». Ma gli sfruttatori non si sono certo arresi. «L’aria è pesante, è tutto tornato quasi come prima, a prima dello sciopero – riflette Omizzolo –. C’è un forte scoramento da parte dei lavoratori sikh, c’è l’effetto sostituzione coi braccianti africani meno sindacalizzati, come Avvenire aveva denunciato otto mesi fa. Ci sono sempre caporali, vecchi e nuovi. C’è sempre la tratta. Ci sono sempre i richiedenti asilo africani impiegati in nero nelle campagne. Una situazione difficile, che coinvolge sempre più le donne, indiane, rumene e italiane. E soprattutto queste ultime che in modo massiccio arrivano da altri territori, portate coi furgoncini dai caporali». Lui continua a denunciare, a sostenere i diritti dei lavoratori e una settimana fa è arrivata la violenta reazione.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: