venerdì 18 ottobre 2019
Tra loro anche 2 neonati e 10 donne. Erano su un gommone gremito a 50 miglia dalle coste libiche
Il soccorso ai migranti portati stamani a bordo della Ocean Viking

Il soccorso ai migranti portati stamani a bordo della Ocean Viking

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Centoquattro persone salvate e portate al sicuro sulla nave Ocean Viking: prima salgono i bambini, poi le madri e le donne sole. Infine tutti gli uomini, almeno 40 di loro non hanno ancora compiuto 18 anni.

L. è una delle donne tra le prime a salire a bordo, fa fatica, viene sorretta da tre soccorritori, prima di lasciarsi cadere a terra sul ponte della nave di Medici senza frontiere e Sos Mediterranee, e chinare il capo per un tempo lunghissimo. Non si sentono le sue parole, non si sa se siano preghiere le sue, ma il suo gesto sembra significare gratitudine, come a dire “sono grata di essere qui, salva dagli orrori della Libia”.

Con lei ci sono altre 9 donne sole, senza marito e 2 bambini che hanno meno di un anno di vita e che trasportati da braccia sconosciute piangono dalla disperazione. Il loro pianto però dura poco: il tempo di essere di nuovo abbracciati dalle loro madri e al sicuro su una barca di 63 metri ben attrezzata e adatta a ospitare, in sicurezza, almeno il doppio delle persone soccorse.

Nella notte tra giovedì e venerdì a bordo della Ocean Viking era arrivato un primissimo allarme attraverso il segnale Navtext per un'imbarcazione in avaria a 41 miglia da Lampedusa, ma la nave di soccorso di Medici Senza Frontiere e Sos Mediterranee a meno di 48 ore dallo sbarco a Taranto si trovava già in prossimità della cosiddetta area di search and rescue di competenza della Libia, a distanza di 180 miglia, troppe da coprire in una notte, troppe per arrivare in tempo a prestare soccorso alla barca in avaria.

Si prosegue, quindi, sulla rotta verso Sud per iniziare il pattugliamento davanti alle coste libiche, sperando che quell'allarme Navtext venga intercettato e preso in carico da qualche altra imbarcazione più vicina. Finora non sono arrivate conferme ufficiali.

Intanto davanti alle coste libiche, in corrispondenza della città di Al Khoms, alle prime ore di luce l'equipaggio - formato dalle due Ong Medici Senza Frontiere e Sos Mediterranee che sulla Ocean Viking replicano il modello di soccorso che era stato possibile sulla nave Aquarius - va in fibrillazione per un primo avvistamento a distanza di binocolo. "Lo vedi anche tu?" chiede una delle soccorritrici all'altra, silenzio. Si scruta di nuovo assieme l'orizzonte: "Effettivamente sembra un gommone, da cui si intravedono un centinaio di teste". E’ la risposta che fa scattare l’allarme generale. Dalla plancia di comando vengono avvisate le autorità competenti a Tripoli e per conoscenza le centrali di coordinamento dei soccorsi de La Valletta e di Roma della possibilità di un intervento.

Il team dei soccorritori è operativo in pochissimo tempo: vengono preparati i giubbetti di salvataggio da distribuire, mentre l'équipe medica rimasta sul ponte finisce di organizzare i container e la clinica per l'accoglienza dei naufraghi. Il primo gommone attrezzato per i soccorsi viene calato in un mare che pare una pozza d’olio, seguito dal secondo rhib che si fa carico anche di una zattera di emergenza che, poi, fortunatamente non verrà utilizzata. L'operazione di soccorso procede in modo efficace e dura meno di tre ore: tutte le persone letteralmente ammassate per oltre 12 ore sul gommone, 104 si scoprirà dopo, riescono a essere portate in salvo sul ponte della Ocean Viking, dove vengono accolte dalle mani tese, dalle parole di benvenuto e dalla cure dell’equipé di Medici senza frontiere. Acqua e té per reidratarsi prima che inizino i controlli medici per valutare le condizioni delle persone a bordo.
Dopo il soccorso, l’equipaggio tira il fiato ma solo per poco: viene avvistato un pedalò vuoto in un tratto di mare che non è noto per il turismo ed è difficile immaginare come sia finito lì, senza pensare a scenari tragici. Segue una richiesta degli attivisti di Alarm Phone per una barca di legno in difficoltà che però viene lasciata alla gestione della centrale di soccorso maltese, considerando che la Ocean Viking rispetto ai naufraghi si trovava a circa 80 miglia a Sud.

Intanto dal ponte di comando viene fatta richiesta per il cosiddetto place of safety, un porto sicuro di approdo, alla autorità che sulla carta è competente, vale a dire Tripoli. E per conoscenza la comunicazione viene diramata a La Valletta e Roma. Dal ponte della Ocean Viking la decisione è presto presa: viene declinata l'offerta di raggiungere Tripoli, un porto non sicuro stando alle convenzioni internazionali che regolano il diritto del mare, e si continua a pattugliare per provare a salvare altre vite umane.

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