domenica 5 gennaio 2020
A tanto ammonta il giro d’affari 2019 dell’azzardo illegale gestito dalla criminalità
Bankitalia: mezzo miliardo ripulito dalle mafie

Ansa

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Duecentocinquanta milioni di euro. È quanto le mafie hanno riciclato nell’azzardo in appena sei mesi. È il primo semestre dello scorso anno ed è molto probabile che nel secondo non sia andato peggio per i clan delle azzardomafie, arrivando così a mezzo miliardo di euro “sporchi” ripuliti nei diversi settori dell’azzardo. È quanto ha riferito pochi giorni fa Claudio Clemente, direttore dell’Unità di informazione finanziaria (Uif ), l’autorità della Banca d’Italia incaricata di esaminare i flussi finanziari, e di ricevere segnalazioni di operazioni sospette. È stato ascoltato del Comitato IV, della Commissione parlamentare antimafia, che si occupa degli affari dei clan sull’azzardo.

Audizione molto preoccupante in quanto, ha avvertito il direttore del-l’Uif, il mercato dell’azzardo «ha attirato una crescente attenzione da parte della criminalità, anche organizzata ». Per due precisi motivi. «Dà la possibilità, da un lato, di realizzare ingenti introiti, con rischi contenuti connessi con le difficoltà di accertamento delle condotte illegali e – ha denunciato Clemente – con la presenza di un sistema sanzionatorio caratterizzato da pene di troppo modeste entità, dall’altro, di riciclare nel comparto profitti di altri reati ». La Uif riceve segnalazioni sull’azzardo sia dagli operatori del comparto sia da altri soggetti obbligati come le banche, che rilevano fra i propri clienti transazioni sospette derivanti da operazioni di “gioco”. Segnalazioni che hanno fatto registrare un vero e proprio boom, passando dalle 2.394 del 2014 alle quasi 9mila stimate per il 2019, più 22% rispetto al 2018. E il 70% viene proprio dagli operatori dell’azzardo, soprattutto italiani, ma anche con sede legale a Malta, Gibilterra e Slovenia. Molto interessante la provenienza regionale delle segnalazioni. In testa c’è la Lombardia, poi il Lazio, la Campania, il Veneto, la Sicilia, la Toscana, la Puglia, il Piemonte e l’Emilia Romagna.

Circa il 18% viene avviato ad approfondimenti investigativi. «In un numero rilevante di casi – ha spiegato Clemente – coinvolgono soggetti in qualche modo già associabili a fenomeni criminali: tale componente è risultata crescente in questi anni, passando dal 7% del 2014 all’11% del periodo gennaio-ottobre 2019». Dal 2014 l’Unità ha avviato accertamenti nei confronti delle società dell’azzardo. Cosa è emerso? «Carenze nell’adeguata verifica della clientela da parte della rete distributiva (esercenti e gestori) di cui i concessionari si avvalgono; criticità nelle procedure di segnalazione delle operazioni sospette ». E «i controlli svolti dai concessionari sulla rete distributiva sono risultati poco incisivi, sia con riferimento alle attività di verifica dei requisiti soggettivi di tali operatori, sia con riguardo all’accertamento dell’osservanza degli obblighi antiriciclaggio ».

Dalle collaborazioni tra Uif e procure, «sono state portate alla luce associazioni di stampo mafioso con proiezione transnazionale che, avvalendosi di società non italiane e dislocando in paesi esteri i server per la raccolta e la gestione delle giocate, hanno esercitato abusivamente attività di gioco e scommesse sul territorio nazionale, riciclando ingenti proventi illeciti. I guadagni accumulati venivano poi reinvestiti in patrimoni immobiliari e attività finanziarie all’estero». Le attività di riciclaggio nel settore dell’azzardo «con significativi collegamenti con l’Italia si concentrano in particolari Paesi e aree geografiche», quelli «che consentono l’anonimato o la schermatura della titolarità “legale” o “effettiva”».

E qui il direttore cita Malta, «scelta motivata dagli incentivi offerti dal sistema locale in termini di vantaggi fiscali e facilità di accesso al mercato dei giochi attraverso l’ottenimento di licenze. Il ciclo di gestione finanziaria prevede trasferimenti in Italia, su conti di persone fisiche o giuridiche, di disponibilità provenienti da società di gioco con sede all’estero, riconducibili a titolari effettivi di nazionalità italiana, spesso indagati nel nostro Paese anche per reati di stampo mafioso. Viene in tal modo portato a compimento il complessivo circuito di riciclaggio, al contempo ottenendo ingenti guadagni attraverso l’attività di business». Nel mirino dell’Uif l’intreccio con le scommesse sportive.

«È emersa l’esistenza di network in diverse zone d’Italia sospettati di operare al fine di alterare le gare a fini lucrativi ovvero, in taluni casi, per riciclare denaro per conto della criminalità organizzata ». Inoltre «sono stati individuati flussi da esponenti di società sportive a favore di soggetti indagati, ritenuti anomali in quanto potenzialmente volti ad alterare il risultato di competizioni sportive al fine di garantire la permanenza della società stessa nelle serie maggiori». Su questo tema l’Uif segnala una grave carenza. «Un contributo importante alla prevenzione e al contrasto dei fenomeni criminali collegati alle scommesse potrebbe derivare dall’apporto informativo di Coni e Federcalcio; allo stato sembrerebbe tuttavia mancare un’adeguata base giuridica per tali scambi informativi». Toccherà alla politica intervenire.

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