venerdì 18 agosto 2017
La presidente della Fondazione Meeting spiega il senso del titolo scelto per questa edizione: «Quello che tu erediti dai tuoi padri, riguadagnatelo, per possederlo». Uno sguardo di stima per i ragazzi
Guarnieri: «I giovani eredi e protagonisti»
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Si apre domenica 20 agosto l'edizione 2017 del Meeting di Rimini, che porta il titolo: «Quello che tu erediti dai tuoi padri, riguadagnatelo, per possederlo». QUI IL PROGRAMMA

Il Meeting invita a "riguadagnarsi" un’eredità ma un giovane, oggi, potrebbe ribattere: avercela, un’eredità!
Quest’edizione del Meeting – risponde Emilia Guarnieri, presidente della Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli – ha scelto di mettere i giovani al centro, insieme ad altri temi, dando loro una rilevanza particolare. Però non sarà il solito piagnisteo sulla disoccupazione materiale e morale, perché tutto il ragionamento ruoterà, come dice il titolo che abbiamo scelto ("Quello che tu erediti dai tuoi padri, riguadagnatelo, per possederlo"), sulla consapevolezza che deve avere "l’erede" di ciò che gli lasciamo. Sono anni difficilissimi, in cui sembra che vi sia poco da ereditare, ma il problema non è solo questo. Noi vogliamo dire che ogni eredità è attiva, genera ricchezza, solo se chi ne è destinatario decide di prenderla in mano per affrontare il presente e le sue sfide.

I giovani italiani sono in grado di farlo oppure sono prostrati e vinti?
Sono sempre stata dell’avviso che ognuno ha in mano gli strumenti per affrontare la sua vita e avendo fatto scuola per 45 anni – e il mondo mi è cambiato dinnanzi tante volte – posso dire che i ragazzi mi hanno sempre confermato di avere le carte in regola per riguadagnarsi quello che veniva lasciato loro. Anche i giovani di oggi sono attrezzati, mi creda.

Perché insistete tanto sulla necessità di "riguadagnarsi" qualcosa in un tempo in cui sembra che non ci sia niente da ereditare?
Perché è il primo passo, quello necessario e decisivo. Se non c’è la consapevolezza di ciò che si eredita e se non c’è un’azione della propria libertà per riguadagnarsela, l’eredità si svilisce. Se non ci riferiamo solo ai beni materiali si capisce che non c’è un automatismo. L’eredità dev’essere messa in moto dalla mia libertà, come ci ha insegnato Benedetto XVI: il progresso nelle cose spirituali non è addizionabile.

Scusi se voliamo più basso: un disoccupato può essere in grado di riguadagnarsi la più alta eredità spirituale, ma alla sera dovrà pur mangiare...
In realtà per un giovane che non ha lavoro, e quindi in un momento in cui le circostanze mettono fortemente alla prova, avere chiaro il senso della propria esistenza ed essere sostenuto nel proprio desiderio di riscatto sono un grande aiuto: può cercare con maggior costanza, senza perdere la fiducia. Questo è il senso di una mostra che troveremo al Meeting, "Ognuno al suo lavoro", realizzata proprio da un gruppo di giovani che si affacciano sul mondo del lavoro. Le proposte del Meeting 2017 per chi cerca lavoro sono davvero molte. Anche vari partner ed espositori si sono messi su questa lunghezza d’onda. E non mancheremo di chiedere ai nostri relatori che il sistema politico crei opportunità reali per il lavoro ai giovani.

Porrà questa domanda al premier Gentiloni, che parteciperà a quest’edizione del Meeting?
Chiederemo a chi governa la cosa pubblica che ci sia un piano positivo di sviluppo perché i giovani possano trovare lavoro. Siamo pienamente consapevoli della gravità della situazione: non a caso il Meeting ospita una mostra dove i giovani sono soggetti e oggetti di domanda di lavoro.

L’occupazione giovanile sarà il filo rosso del Meeting?
Sarà una delle grandi questioni insieme ad altre: non dimenticherei l’immigrazione, questione enorme: o il nostro Paese ritrova la sua tradizione, la sua eredità di apertura, l’eredità del Mediterraneo – ce lo ha ripetuto Mattarella – come luogo d’incontro, oppure...

Oppure?
Oppure ci illuderemo che muri sempre nuovi ci potranno difendere, in realtà isolandoci e facendoci perdere un ruolo storico che come paese abbiamo sempre giocato.

La questione delle migrazioni è anche un’eredità scomoda.
Una delle grandi sfide di quest’anno è dimostrare come l’approfondimento della propria identità incrementi il dialogo e non viceversa: ortodossi, ebrei e musulmani dialogheranno con noi, rifletteremo sull’incontro di papa Francesco in Egitto: il Santo Padre è la visibilità di un’esperienza di fede cristiana che quanto più va fino in fondo di sé e più abbraccia gli altri.

Forse, non tutto il popolo del Meeting è per l’apertura ai migranti…
L’esperienza del Meeting è quella dell’apertura e dell’incontro con tutti, questo è il dato della realtà: viviamo i fatti e non parliamo di teorie. Quello che diciamo a Rimini non lo prendiamo dai libri o dai giornali, ma lo abbiamo imparato nell’esperienza quotidiana di amicizia con islamici ed ebrei, buddisti e ortodossi. Tutti solidi nell’identità, tutti aperti nell’amicizia e nella condivisione. Il dialogo forgia idee nuove.

Fin dove può portare l’esperienza del dialogo?
Molto lontano. Questo è l’aspetto affascinante dell’esperienza, che non si coglie solo nel dialogo con le altre religioni, ma è un percorso formativo che fa crescere ciascuno di noi. Ogni anno, chi come me ha fondato il Meeting, deve riguadagnarsi l’esperienza di questa manifestazione insieme alle persone più giovani: mi ricordo bene le difficoltà del ricambio generazionale, avvenuto una ventina d’anni fa. Ce l’abbiamo fatta perché loro si sono in messi in gioco fino in fondo e forse anche perché noi "vecchi" siamo riusciti a guardare l’esperienza del Meeting con i loro occhi.

Torniamo a loro: cosa vede Emilia Guarnieri negli occhi dei giovani italiani?
Che hanno le carte in regola, sono tutt’altro che degli smidollati, cercano degli adulti che sappiano guardarli con stima e sappiano appassionarsi alla modalità con cui loro guardano il mondo. Dobbiamo condividere con loro un senso forte della realtà, la comunicazione del senso diventa quindi una responsabilità grande. Faccio un esempio: io non ho la padronanza delle nuove tecnologie di un ventenne e potrei essere tentata di competere, di sminuire, di negare. Invece devo condividere con loro un senso della vita dentro cui le cose nuove che loro sanno fare possa ulteriormente trovare valore. Il nuovo che i giovani sono deve poter trovare nel mio cuore un’accoglienza ancora più grande.

Questa intervista è apparsa nell'inserto Meeting pubblicato oggi 18 agosto su Avvenire.

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