mercoledì 8 agosto 2018
Manifestazione nel pomeriggio nel centro del capoluogo, indetta da Cgil, Cisl e Uil. In mattinata un'altra è stata organizzata dai sindacati di base
Un momento della manifestazione unitaria dei braccianti Cgil, Cisl e Uil a Foggia contro caporalato e sfruttamento (Ansa)

Un momento della manifestazione unitaria dei braccianti Cgil, Cisl e Uil a Foggia contro caporalato e sfruttamento (Ansa)

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«Basta capo nero, basta capo bianco». Il lungo corteo dei braccianti della Capitanata ha percorso, ieri pomeriggio, le vie del centro di Foggia, per chiedere dignità, diritti e, soprattutto, un lavoro sicuro affrancato dalla morsa dei caporali. «Liberté», hanno scandito a gran voce le centinaia di persone che si sono concentrate all’esterno del teatro Giordano per i comizi finali. Promossa da Cgil, Cisl e Uil e da tantissime associazioni del volontariato laico e cattolico, la manifestazione ha voluto ricordare i sedici lavoratori immigrati morti tra sabato e lunedì scorsi, in due incidenti stradali, mentre rientravano a "casa" dopo una giornata passata a raccogliere pomodori. In mattinata, un’analoga iniziativa dei sindacati di base ha raggiunto il capoluogo partendo dal Gran Ghetto di Rignano dove, nelle baracche, "abitavano" dodici delle sedici vittime della strada e dello sfruttamento della disperazione di questi «ultimi tra gli ultimi», come è stato ricordato dal palco.

«Oggi – ha detto il segretario generale della Flai-Cgil di Foggia, Daniele Iacovelli – segniamo un solco tra passato e presente, nel cammino di liberazione dallo sfruttamento».

Un percorso in salita e faticoso, ha ricordato la segretaria generale della Cisl provinciale, Carla Costantino, sollecitando l’avvio di un tavolo nazionale contro il caporalato, con Foggia capofila. Fondamentale, ha ribadito la leader sindacale, la collaborazione tra istituzioni e parti sociali, a cominciare dal potenziamento della Rete del lavoro agricolo di qualità, prevista dalla legge 199/2016 per il contrasto del caporalato, a cui, in Capitanata, aderiscono appena 80 aziende agricole su 27mila.

«Le aziende temono che, affrancandosi dai caporali, non riescano più a trovare manodopera» ha sottolineato il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, denunciando che «nessun imprenditore ha usufruito dei tre milioni di euro messi a disposizione, in tre anni, per garantire un trasporto sicuro ai braccianti». Un altro problema irrisolto è quello delle cosiddette foresterie, che dovrebbero soppiantare i famigerati ghetti, come quelli di San Severo e di Rignano. «Quattro sono già operative, ma per due, qui in Capitanata, abbiamo grosse difficoltà con i Comuni» ha denunciato Emiliano.

Di «accoglienza dignitosa» e dell’«eliminazione dei ghetti», ha parlato anche il sindaco di Foggia, Franco Landella, presente alla manifestazione, che ha rilanciato il modello dei «micro-campi di accoglienza» per «evitare il formarsi di grandi agglomerati di migliaia di persone», che poi diventano campi fuori controllo in mano ai caporali. E parte integrante di quella «piramide dello sfruttamento» che, secondo il segretario della Cgil di Foggia, Daniele Calamita, produce un divario «tra il 2 il 3mila per cento», tra quanto viene percepito dai braccianti nei campi e il prezzo del prodotto finito per il consumatore. Una filiera che si fonda sul bisogno e sulla disperazione.

Una catena che la Caritas diocesana di Foggia sta cercando di spezzare attraverso la proposta di soluzioni alternative ai giovani che arrivano in città. Al momento, nella struttura di Casa Farina sono ospitati sette nigeriani che, ricorda la direttrice Giuseppina Di Girolamo, stanno seguendo percorsi di integrazione e avviamento al lavoro attraverso canali legali. «Con tanta fatica e dovendo superare molte resistenze, andiamo avanti» sottolinea la direttrice, che lavora in stretto contatto con l’arcivescovo Vincenzo Pelvi. Nei giorni scorsi, il presule è stato in ospedale dai feriti dei due drammatici degli incidenti ha diffuso un messaggio alle comunità diocesane, invitando a «non avere paura dell’altro» e a «non fare mai mancare il senso di solidarietà» e «la ricerca di una giustizia più grande». «Dal pregiudizio e dall’indifferenza – ha aggiunto Pelvi – si deve passare a uno sguardo purificato, attraverso cui far trasparire la bellezza dell’incontro e del dialogo».

«Giustizia» e «condizioni di vita più dignitose» per i braccianti sono state chieste anche dal vescovo di San Severo, Giovanni Checchinato, che ha partecipato ai due cortei di ieri. «È per me un dovere essere qui – ha ribadito – perché la Chiesa sente come propria la sofferenza di questi fratelli e non può non denunciare le drammatiche condizioni in cui vivono. E muoiono».

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