giovedì 23 aprile 2020
Gino Strada: il 25 Aprile? Resti la festa di tutti, ma la politica vuole un ritorno al passato Le scelte sbagliate sulla sanità pubblica le stiamo pagando ora. Si ascolti di più il Papa
Gino Strada, fondatore di Emergency

Gino Strada, fondatore di Emergency - Fotogramma

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La vittoria dell’umanità contro i totalitarismi, il rischio dell’autodistruzione senza un ripensamento radicale e insieme l’elogio del Papa che ha saputo parlare alle nostre fragilità in un momento difficile. Parla soprattutto per immagini, Gino Strada, alla vigilia di questo 25 Aprile più unico che raro. «Non mi piace l’analogia tra guerra e coronavirus» dice subito il chirurgo che ha attraversato tanti conflitti. «Lo trovo un paragone improprio e strumentale».

Perché?
Perché per me il 25 Aprile è una data simbolo per la storia dell’uomo, non solo del nostro Paese. Segna la liberazione dalla tirannide e dall’oppressione, il no definitivo alla guerra e alla violenza. Non penso si possa cambiare il senso di una festa a seconda degli anni. E questa è la festa di tutti coloro che si sono opposti alla dittatura e non si sono riconosciuti in quella disumanità. Primo Levi sosteneva che tutti coloro che dimenticano il loro passato, sono condannati a riviverlo. Dobbiamo esserne consapevoli, mentre vedo che il mondo della politica si agita già molto per tornare al mondo di prima.

E com’era il mondo di prima?
Era il mondo dei sovranismi, del ritorno delle ideologie egoiste e fasciste. Dobbiamo impedire che questo accada e per questo non mi spiego un certo lassismo che avanza anche in IL talia. L’apologia di fascismo è reato e come tale va perseguita. E poi è il mondo di prima che ha avuto un peso nelle scelte che stiamo pagando oggi.

In che senso?
Se guardiamo all’emergenza coronavirus, non dobbiamo pensare solo alla crisi sanitaria. Dobbiamo farci un’altra domanda: cosa succederà dopo, quando tutto questo sarà finito? Vogliamo continuare ad autodistruggerci, facendo esplodere una grande crisi sociale o vogliamo usare questa occasione per cambiare direzione? Centinaia di migliaia di persone, addirittura milioni, non avranno il pane e non sapranno più come arrivare alla fine del mese. Sarà decisiva la nostra risposta, che può essere egoistica o solidale.

Da medico, come ha vissuto la diffusione della pandemia? Non crede che da parte delle grandi organizzazioni internazionali, a partire dall’Oms, siano arrivati segnali poco chiari, a livello di indicazioni concrete e di comunicazione
Tutti avevano previsto questa crisi, ma non la sua portata epocale e le sue dimensioni. D’altra parte, la biologia ha le sue regole e i suoi tempi. Penso che le agenzie internazionali stiano cercando di fare il loro mestiere, con tutte le difficoltà del caso. Quanto all’Italia, quel che sta accadendo è il frutto di vent’anni di devastazioni della sanità pubblica. Non potremo andare avanti continuando a togliere risorse e soprattutto dovremo tornare a investire sia sulla medicina di territorio che sulla medicina ospedaliera. Ripeto: questa non era una cosa inaspettata. Qualcuno, ad esempio in Regione Lombardia, dovrà pur risponderne o no?


Il fondatore di Emergency: oltre alla crisi sanitaria, pensiamo al dramma sociale che si sta aprendo. È vero ciò che dice Francesco: bisogna riconoscere le fragilità e mostrare capacità di resistenza nuova Gino Strada, fondatore di Emergency

Cosa l’ha sorpresa di più, rispetto alle situazioni che ha vissuto in giro per il mondo?
Guardi, ai tempi di Ebola siamo riusciti a contenere il contagio in Sierra Leone e parliamo di una malattia che aveva tassi di mortalità altissima. Ricordo che nei villaggi c’erano ragazzi di 12-13 anni che tiravano una corda nella strada sterrata, bloccavano la gente che passava e misuravano la febbre a tutti. Poi facevano lavare le mani e vietavano l’ingresso nei negozi. Metodi rudimentali, insomma, ma hanno funzionato. Semmai, mi ha sorpreso come in Italia sia potuto accadere che migliaia di persone anziane morissero così, dimenticate da tutti. E come il virus abbia potuto circolare negli ospedali, senza che si sia messo prima in sicurezza tutto il personale sanitario.

Il Papa nella sua preghiera rivolta a Dio in una piazza san Pietro vuota ha detto che questa emergenza ci ha fatto scoprire «impauriti e smarriti, fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari» gli uni altri. Cosa ha provato sentendo quelle parole?
Ho pensato che c’è molto di vero in quel che dice Francesco. Siamo chiamati nello stesso tempo a riconoscere le nostre fragilità e a mostrare una capacità di resistenza nuova, che non potrà che essere collettiva: la società che costruiremo sarà per definzione inclusiva e non potrà lasciare fuori dalla porta di casa nessuno.

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