martedì 12 aprile 2022
Il dossier: solo tre Regioni hanno recepito le linee guida, altrove i progetti del privato sociale
«Migranti traumatizzati, scarsa assistenza alla salute mentale»

Medici senza frontiere

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Cicatrici sulla psiche. Prima della drammatica traversata in mare sono già passati per il deserto e per i centri di detenzione libici. Là dove le violenze – anche sessuali – sono quasi inevitabili. Stesso calvario per chi tenta la “rotta balcanica”.

Torture e umiliazioni che provocano nei migranti forme di disagio mentale. Ma i servizi socio-sanitari – nonostante apposite linee guida ministeriali – per lo più ignorano il problema. A fare luce sul fenomeno è un rapporto di Medici senza frontiere che l’ong presenterà oggi. È un dramma sottovalutato, che il ministero della Salute ha affrontato quasi cinque anni fa redigendo le “Linee Guida sull’assistenza e la riabilitazione delle vittime di tortura”.

Secondo Msf però «rimangono perlopiù inapplicate su gran parte del territorio: mancano spesso adeguati servizi pubblici di assistenza». Msf ha intervistato 50 operatori del servizio sanitario, funzionari regionali, personale dei centri di accoglienza e del privato sociale. Le linee guida a oggi sono formalmente recepite solo in Piemonte, Lazio e Toscana. In altre – Sicilia, Veneto, Emilia-Romagna, Lombardia – si registrano esperienze virtuose, spesso del privato sociale, in collaborazione con le realtà sanitarie territoriali. Il dossier elenca le problematiche mentali riscontrate più spesso. In ordine decrescente sono: disturbo da stress post-traumatico, sintomi psicosomatici, disturbi d’ansia o depressivi, quadri psicotici, disturbi cognitivi o dissociativi, difficoltà relazionali, disturbi alimentari, abuso di alcol e droghe.

I migranti traumatizzati possono manifestare alterazioni della percezione del tempo, dilatato o contratto, con vissuto bloccato da continui flash back in un tempo circolare, poi sensi di colpa o vergogna, disturbi del ciclo sonno-veglia, di memoria, attenzione, concentrazione.

«Un percorso efficace di riabilitazione e cura – sottolinea spiega Silvia Mancini, responsabile affari umanitari di Msf – non è solo un diritto garantito a chi ha vissuto traumi, ma anche la necessaria premessa per l’integrazione».

Una adeguata presa in carico – spiega Msf – richiede mediazione culturale, certificazione medico-legale, professionalità diverse, approcci integrati e coordinati per rispondere a bisogni complessi non limitati all’ambito sanitario. Msf ha avviato diversi interventi specifici, all’estero e in Italia. A Palermo gestisce (in collaborazione con l’Azienda Sanitaria Provinciale, il Dipartimento Promis dell’Università di Palermo, il Centro Astalli e Cledu) un ambulatorio per la riabilitazione di migranti sopravvissuti a violenza intenzionale: «Offriamo servizi di psicoterapia, medicina, assistenza sociale e legale. I mediatori interculturali sono parte integrante del percorso», spiega Edmond Tarek Keirallah, coordinatore Msf del progetto di Palermo: «La sfida più grande è far emergere il loro vissuto. Spesso si rivolgono a noi per altri servizi, come l’assistenza legale, e scopriamo che hanno alle spalle storie terribili di abusi».

Il progetto di Palermo ha raggiunto più di 750 persone e preso in carico 78 pazienti, di cui 33 in fase riabilitativa. A Roma Msf ha gestito un centro per sopravvissuti a tortura dal 2015 al 2019. Oggi ha in corso un progetto per la salute delle donne migranti in collaborazione con la Asl Roma 2.

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