mercoledì 27 dicembre 2017
I due sconvolgenti fatti di cronaca e le riflessioni di Maurizio Patriciello: ragazzo in coma nel Casertano. Fermato a Napoli uno degli aggressori di Arturo
Gli spari, il 14enne in coma, Patriciello: una folle corsa contro il nulla
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Gli agenti della Squadra Mobile di Napoli hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in un istituto di pena minorile emessa dal gip del Tribunale per i Minorenni nei confronti di un 15enne. Il ragazzo è stato fermato dalla polizia, a Napoli, nell’ambito delle indagini sul ferimento del 17enne Arturo, accoltellato alla gola, al torace e in altre parti del corpo lo scorso 18 dicembre in via Foria. Le indagini proseguono per individuare altri tre componenti della baby gang responsabile dell’aggressione. Il ragazzino fermato, che non appartiene a contesti di camorra e con genitori incensurati, deve rispondere dell’accusa di tentativo di omicidio. «In base ai primi accertamenti – sottolineano dalla squadra mobile partenopea – il ragazzo ha svolto il ruolo di «gancio», sia nell’episodio del giovane fermato, poco prima dell’aggressione al 17enne, sia quando poi è stata la volta di Arturo». Un «modus operandi» semplice che consiste nell’avvicinare la vittima di turno, chiedere l’ora per accertare il possesso di telefonini ed altri oggetti di valore e poi agire, anche con violenza se necessario. Ancora convalescente, Arturo è stato trasferito dall’ospedale San Giovanni Bosco all’ospedale Monaldi per effettuare ulteriori accertamenti. Intanto resta in gravissime condizioni il ragazzo di Parete, nel Casertano, ferito la notte di Natale alla testa da un proiettile vagante mentre era seduto su una panchina con alcuni amici. Il proiettile sarebbe stato sparato da un terrazzo, il ragazzino è in coma farmacologico. Il paese è sotto choc. ( V. Ch.)


«Ferito alla testa da un proiettile vagante ». È notte fonda quando, alla fine della Messa della notte di Natale, apprendiamo la notizia che a Parete, paese in provincia di Caserta, un quattordicenne è stato gravemente ferito alla testa mentre si trovava in piazza con gli amici. Comprendiamo subito. È successo, ancora una volta, è successo. Questa assurda e stupida consuetudine da parte di qualcuno di impugnare le armi nei giorni di Natale e sparare a casaccio non vuol morire.

Questo modo pericoloso e barbaro di «festeggiare» un evento continua a mettere in ansia i genitori. Pur sapendo di poter provocare sofferenza e morte agli innocenti, pur coscienti di correre il rischio di rovinare la vita a se stessi e agli altri, c’è chi proprio non resiste alla tentazione di afferrare la pistola e sparare proiettili «vaganti». Quando il male è tanto sciocco ed evitabile scatta in noi una sorta di difesa inconscia che si intromette anche nel linguaggio. Il pensiero allora non va alla mano assassina ma alla pallottola vagabonda che decide di porre termine alla sua folle corsa. E si ferma dove capita: sui tetti delle case, sul balcone del vicino, tra gli alberi in campagna.

Se poi dovesse, come in questo caso, entrare e uscire dal cranio di un ragazzo, ecco il vecchio e bugiardo frasario fare capolino: «Una disgrazia... un incidente che può accadere a tutti... non c’è stata cattiveria, premeditazione...». Il colpevole, ne sono convinto, attorniato da parenti e amici, in queste ore sta maledicendo la malasorte. Lui non voleva, erano anni che non prendeva in mano quella maledetta pistola. «È successo tutto all’improvviso, il colpo è partito, inavvertitamente. Ancora nessuno riesce a capacitarsi». E via di questo passo. Il pensiero corre a Marco Vannini, il ventenne colpito a morte qualche anno fa nella casa della fidanzata a Ladispoli. Il suocero pare che gli stesse mostrando la pistola mentre faceva il bagno. Motivazioni sciocche, dolore vero.

Superficialità imperdonabili, vite distrutte. Si chiama Luigi, il ragazzo che, in coma farmacologico, sta tentando di strappare alla morte la sua bella e irripetibile vita. Tutta la diocesi di Aversa prega perché possa ritornare a casa. Nel piccolo centro agricolo, in un baleno, la gioia del Natale si è trasformata in una angoscia colma di rabbia, in tante case la voglia di brindare è scomparsa all’improvviso. Anche il sacrista ha avvertito un senso di legittimo pudore nel suonare a distesa le campane.

Ma perché gli uomini mettono la museruola alla loro intelligenza? Perché tante volte decidono di abdicare alla ragione, al buon senso, all’antica e sempre necessaria virtù della prudenza? Luigi non è stato colpito dalla cattiveria umana, dalla sete di vendetta da parte di un nemico. No, a ridurre questo caro giovane in fin di vita è stata l’incapacità di qualcuno a gestirsi, a divertirsi. Occorre ammetterlo. Con disagio, sofferenza, imbarazzo occorre ammettere che tanta gente non sa più nemmeno divertirsi. Per assaporare anche la più semplice delle emozioni deve sfiorare il pericolo. Il guaio è che in questa folla corsa verso il niente coinvolge e trascina anche gli innocenti.

La prima persona che è entrata in chiesa la mattina di Natale è stato un fratello tossicodipendente. Faceva pietà, tenerezza, rabbia. Avrei voluto abbracciarlo e prenderlo a schiaffi. Mi ha chiesto i soldi per un cappuccino e un cornetto. Gli ho proposto di andare al bar a fare colazione insieme. Se n’è andato inveendo e minacciando: non la colazione, ma il denaro per una dose maledetta, voleva. Perché esplodere colpi di pistola la notte di Natale e Capodanno? Per impaurire, fare i gradassi, dimostrare agli amici quanto si è bravi. Come bambini queste persone provano un miscuglio di ebbrezza, euforia, eccitazione nel maneggiare il ferro. Tra tanta sofferenza cui non sappiamo o non possiamo porre rimedio, quella inutile, sciocca, evitabile, è veramente insopportabile. Quando impareranno gli uomini a capire che ogni parola pronunciata, ogni azione, ogni decisione presa, nel bene e nel male si riversa anche sugli altri? Quando impareremo che tutto ciò che pretendiamo per noi senza averne il diritto lo stiamo sottraendo ai legittimi proprietari? Smettiamola di giocare con le armi e impariamo a dare alle parole il peso che hanno. Non esistono pallottole vaganti ma pistole vere nelle mani di uomini irresponsabili e senza cuore. Armi che possono ferire e uccidere. Da questo occorre partire.

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