Lotta al Covid e vaccini: sulla strada più giusta
sabato 12 settembre 2020

La settimana pandemica, iniziata con la cattiva notizia dell’interruzione della sperimentazione del vaccino anti Covid di Università di Oxford ed AstraZeneca si chiude con la positiva sorpresa della valutazione della Commissione indipendente che consente l’immediata ripartenza della Fase 3, la cui conclusione era preventivata, e probabilmente a questo punto, confermata, ad ottobre.

Mentre scriviamo possiamo solo ipotizzare che questa velocità sia dovuta al fatto che il grave evento avverso si sia verificato in un soggetto non sottoposto a vaccinazione ma a placebo, il che esclude la responsabilità del vaccino, ma l’apprensione con cui la "corsa" è seguita in tutto il mondo tradisce l’ansia di un’umanità profondamente prostrata psicologicamente ed economicamente, quando non fisicamente, dall’epidemia e che vede, motivatamente, la possibilità di un ritorno alla vecchia normalità solo quando questo farmaco sarà disponibile.

Abbracci e baci, stringersi l’uno all’altro, frequentare luoghi affollati, saranno tutti comportamenti a rischio fino a quando non verrà trovato un vaccino contro il SARS-CoV-2 o una terapia efficace. Per questo il mondo deve continuare ad accelerare il lavoro sui trattamenti e sui vaccini per Covid-19. Gli scienziati hanno sequenziato il genoma del virus e sviluppato diversi promettenti vaccini in pochi giorni e già numerosi tra questi sono oggetto di studi clinici su larga scala.

Un laboratorio della AstraZeneca

Un laboratorio della AstraZeneca - Ansa

Ma questo è solo l’inizio. Dopo aver sviluppato vaccini e antivirali sicuri ed efficaci bisogna farli approvare dall’Autorità regolatoria (in Europa l’European Medicine Agency, in Usa la Food and Drug Administration), e poi produrre e consegnare miliardi di dosi entro pochi mesi per contrastare il nuovo microrganismo patogeno in rapido movimento. Questa è una sfida difficile che presenta ostacoli tecnici, diplomatici e finanziari, ma tutti questi ostacoli possono essere superati se c’è intelligenza e volontà politica. L’altra importante notizia di ieri è l’approvazione in modo quasi unanime (contrari solo Stati Uniti e Israele) da parte dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite di una risoluzione per affrontare la pandemia con «un’intensificata cooperazione internazionale e solidarietà» e «consentire a tutti i Paesi di avere un accesso tempestivo senza ostacoli a diagnosi, terapie, medicinali e farmaci di qualità, sicuri, efficaci e convenienti».

Dopo quella data all’unanimità dall’Unione Europea, con il merito di Italia, Germania, Francia e Paesi Bassi di aver aperto la strada, sono ora quasi tutti i Paesi del mondo a rispondere positivamente all’appello del Santo Padre di considerare il vaccino contro il nuovo Coronavirus non un bene di consumo, ma un bene pubblico da garantire a tutti i cittadini del pianeta, indipendentemente da residenza geografica e livello economico-sociale.

È uno sforzo senza precedenti e l’auspicio è che esso non sia limitato all’attuale infezione ma a tutte le problematiche sanitarie attuali e future perché, oltre a soluzioni tecniche, per affrontarle avremo bisogno di promuovere ulteriormente la collaborazione internazionale e la condivisione dei dati, già enormemente accelerata dall’attuale pandemia. Dovremmo per questo sfruttare al massimo i forum globali che possono aiutare a raggiungere il consenso sulle priorità di ricerca e sui protocolli di sperimentazione, in modo che i vaccini promettenti e i candidati antivirali possano procedere rapidamente. L’obiettivo di questo lavoro dovrebbe essere quello di ottenere risultati conclusivi della sperimentazione clinica e l’approvazione normativa entro pochi mesi dall’esordio di un’epidemia, senza compromettere la sicurezza dei pazienti.

Questo richiederà investimenti importanti e collaborazione tra pubblico e privato. I budget per questi sforzi devono essere ampliati, sono necessari miliardi di euro o di dollari in più per completare gli studi di Fase 3 e garantire l’approvazione normativa per i vaccini contro il coronavirus, e saranno necessari ulteriori finanziamenti per migliorare la sorveglianza delle malattie. Sono necessari finanziamenti pubblici perché i prodotti pandemici sono investimenti straordinariamente ad alto rischio; i finanziamenti pubblici ridurranno il rischio per le aziende farmaceutiche e le indurranno a partecipare attivamente. Inoltre, i governi e altri donatori dovranno finanziare, in quanto bene pubblico globale, strutture di produzione in grado di generare una fornitura di vaccini per tutti nel giro di poche settimane.

Miliardi di euro o di dollari per sforzi antipandemici sono molti soldi, ma se rapportati ai danni economici catastrofici che un’epidemia può causare, come abbiamo visto per quella attuale, per non parlare della vita delle persone, l’investimento si configura come un vero affare. Quella postpandemica può essere veramente l’epoca per un nuovo inizio per l’umanità, purché vi sia la volontà politica di farlo. Non bisognerebbe mai sprecare una crisi, ma farlo stavolta sarebbe veramente imperdonabile.

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