sabato 9 giugno 2018
Congelati i conti bancari di 5 schiavisti, libici ed eritrei, responsabili dei peggiori naufragi nel Mediterraneo, come a Lampedusa del 2013. Tra loro anche un capo della Guardia costiera libica
Un frame di un video di una operazione di salvataggio nel Mediterraneo

Un frame di un video di una operazione di salvataggio nel Mediterraneo

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Il Palazzo di vetro prende la rotta giusta contro il vero business dell’immigrazione, quello degli impuniti commercianti di carne umana. E mette nel mirino la montagna di denaro insanguinato accumulata in anni di sfruttamento, schiavitù e orrori in Nord Africa e nella fascia subsahariana.

Con una risoluzione proposta dall’Olanda e appoggiata da Francia, Germania, Gran Bretagna e Usa, il comitato per le sanzioni alla Libia del Consiglio di sicurezza Onu ha per la prima volta colpito i sei principali capi del traffico di esseri umani in Libia congelando i conti correnti bancari a loro riconducibili e impedendone gli spostamenti. Si tratta di pesci grossi e nomi noti, quattro libici e due eritrei. Tra questi il capo della Guardia costiera, finanziata anche con i fondi dell’Ue, e il presunto responsabile eritreo del naufragio del 3 ottobre 2013 a Lampedusa. Il colpo inferto ai signori delle rotte e delle barche su cui si svolge la tratta degli schiavi arriva dopo mesi di indagini condotte dall’Onu ascoltando centinaia di migranti.

Farebbero capo a loro le reti criminali che trasportano i migranti dall’Africa sub sahariana e quindi in Europa e negli Usa attraverso la Libia, che sequestrano e vendono le donne come schiave sessuali e gli uomini come braccia. Per le detenzioni utilizzano centri sovraffollati con scarsità di cibo, dove sono sempre più frequenti torture e violenze. Secondo le stime dell’European migrant smuggling center, il business della tratta, del traffico e dello sfruttamento avrebbe fruttato alle organizzazioni criminali nel 2015 una somma compresa tra 4,7 e 5,7 miliardi di euro. Nel 2016 la torta valeva ancora 2 miliardi.

Veniamo alla lista nera del Consiglio Onu divulgata dalla tv americana. Anche se non è una cupola perché le organizzazioni agiscono in parallelo e cooperano e non sembrano legate da vicoli gerarchici. Non sono sconosciuti, sono i signori della guerra e dei traffici di uno Stato fallito, dove la caduta del prezzo del petrolio ha spinto le milizie a procurarsi la merce più pregiata in circolazione dopo le armi, gli esseri umani.

Il nome più imbarazzante è quello di Abd Al-Rahman Al-Milad, comandante della Guardia costiera. Viene accusato non solo di traffico, ma di aver affondato barconi carichi dei migranti che doveva salvare. Secondo altre testimonianze avrebbe portato i profughi nel famigerato centro di al-Nasr da cui sparivano. Due anni fa i suoi uomini avevano sparato a una nave dell’ong Msf.

Suo complice e re del traffico di schiavi e schiave sessuali dai Paesi subsahariani e dal Marocco sarebbe invece Mohammed Kachlaf, milionario capo della brigata Suhada al Nasra a Zawiya dove controllerebbe l’hub per i traffici alla raffineria.

Altro boss è Ahmed Al-Dabbashi. Comanda le brigate 'Anas al-Dabbashi', dal nome di un familiare martire della jihad, opera a Sabratha e fino al 2016 aveva saldi legami con lo Stato islamico in Libia, che oggi dice di combattere mentre secondo il Palazzo di Vetro farebbe il doppio gioco. La sua è una delle famiglie più in vista del Paese. La rotta migratoria dal Niger è appannaggio dei suoi uomini che si occupano anche della sicurezza della Mellitah Oil&Gas, legata all’Eni. È accusato di guidare una rete di traffici sovranazionali di esseri umani, armi e greggio. A Zawiya controllerebbe spiagge per la partenza di migranti, case per la detenzione anche di minori e barche. Avrebbe sulla coscienza morti in mare e nel deserto.

Vecchia conoscenza della magistratura italiana è l’inafferrabile eritreo-etiope Ermias Ghermay, che ha sulla coscienza il naufragio del 3 ottobre costato 368 morti e per il quale è destinatario di un mandato di cattura. Di lui si sa poco, gira solo un identikit. Secondo l’Onu la sua gang in Africa orientale ha trafficato decine di migliaia di migranti in Europa fino agli Stati Uniti.

L’ultimo libico nella lista è Mus’ab Abu-Qarin, che ha sulla coscienza il peggior naufragio della storia dei barconi nel Mediterraneo, quello del 18 aprile 2015 costato la vita a 800 persone. Lo scafo è stato ripescato dal governo italiano, le persone erano tanto stipate che è stato impossibile distinguerle.

Infine il ricchissimo eritreo Fitiwi Abdelrazak, colpevole di almeno un paio di naufragi. È quello da più tempo sulla piazza, un decennio, con contatti in tutti gli apparati di sicurezza libici. Guadagna su traffici e riscatti di migranti e ne avrebbe trasportati e sequestrati decine di migliaia da Corno d’ Africa fino a Europa e Usa. Per l’accusa i sei – tutti trentenni – erano ossessionati dall’ostentazione delle ricchezze accumulate e investivano in tutto il mondo. Per loro il ministro degli Esteri olandese Stef Blok ha garantito che la pacchia, quella vera, è finita.

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