venerdì 1 dicembre 2017
Individuati 3.800 profughi da rimpatriare subito. Tusk: «Servono sanzioni Onu contro i trafficanti»
Libia, i numeri dell'orrore: nei campi 700mila migranti
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Nei campi libici potrebbero essere rinchiusi tra i 400.000 e i 700.000 migranti. La stima choc – peraltro già avanzata nei mesi scorsi da altre fonti – è stata diffusa ieri dal presidente della Commissione Africana, il ciadiano Mahamat Moussa Faki, al termine del vertice Unione Africana-Ue ad Abidjan, in Costa d’Avorio. Un vertice segnato in massima parte proprio dal dramma libico, e che ha portato a un’accelerazione degli sforzi già in atto per svuotare i campi libici. Moussa Faki ieri ha spiegato che l’Unione Africana ha già individuato un campo in Libia con 3.800 migranti.

«E questo – ha detto il presidente – è solo uno, in Libia ci dicono ce ne sono 42». Occorre fare in fretta, «il mio inviato speciale – ha proseguito il ciadiano – è tornato ieri da Tripoli e ha riferito di aver trovato migranti soprattutto dell’Africa occidentale. Ci sono donne e bambini, e vivono in condizioni disumane vogliono tutti tornare a casa». Simbolicamente, il re del Marocco Mohammad VI – alla prima partecipazione del suo Paese a un vertice dell’Ua – ha annunciato di aver già messo a disposizione aerei per l’evacuazione in vari Stati dell’Africa subsahariana dei 3.800 profughi.

Un segnale, ha detto il presidente dell’Unione Africana, il capo di Stato della Guinea Alpha Condé, che «l’Africa è in grado di intervenire an- ch’essa su questo fronte». Un’accelerazione, grazie a un netto coinvolgimento dell’Unione Africana, delle operazioni già lanciate dall’Organizzazione mondiale dei migranti con il sostegno Ue che ha portato nel 2017 al rimpatrio volontari di 13.000 (10.000 dalla Libia) bloccati nei campi in Nordafrica, l’obiettivo è di arrivare a 17.000 entro fine anno. L’occhio è rivolto ovviamente anche alla lotta ai trafficanti. Il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk ha parlato di «abuso estremamente cinico di esseri umani», chiedendo di «imporre sanzioni Onu ai trafficanti.

Non saremo efficaci, inoltre, se non faremo in modo che le persone bloccate in Libia e altrove possano tornare in modo sicuro nelle loro case». Anche la Francia ieri ha chiesto «il ricorso alle sanzioni individuali e alla giustizia penale internazionale contro chi si macchia di tratta di esseri umani e passeurs di migranti». Intanto ieri è stato chiarito una volta per tutte che la task force per accelerare lo svuotamento dei campi concordata mercoledì sera tra Ue, Ua e Onu non avrà componenti militari.

In un’intervista rilasciata mercoledì sera (prima della riunione sulla task force) a France24 e Radio France Internationale, il presidente francese Emmanuel Macron aveva parlato di una «iniziativa per lanciare azioni militari e di polizia sul terreno per smantellare queste reti», suscitando qualche perplessità, tanto che qualche diplomatico europeo ha sostenuto che Macron abbia tentato una «fuga in avanti» fermata poi dagli europei.

Fatto sta che in realtà la Francia non ha mai proposto formalmente una componente militare per la “task force”, mentre si parla di una più stretta cooperazione tra servizi di intelligence e polizie. «Per fermare il fenomeno – ha detto ancora Moussa Faki – serve una cooperazione mondiale, per bloccare le fonti finanziarie dei trafficanti e tradurli alla giustizia». E infatti di azione militare non si parla né nella dichiarazione comune sulla situazione dei migranti in Libia, né nell’accordo per la task-force per accelerare lo svuotamento dei campi.

Lo stesso Macron ieri in visita ad Accra, la capitale del Ghana, ha precisato che «in questa fase la Francia non ha piani di inviare soldati o poliziotti in Libia». Forse il malinteso è nato dal fatto che in effetti la Francia è sì in impegnata in una missione militare, non però in Libia, bensì in Mali (qui coadiuvata dalla Germania), Niger e Ciad anzitutto per combattere i nuclei terroristici islamistici attivi nel Sahel. Sullo sfondo resta la questione dei fondi. Ieri ad Abidjan Tusk ha di nuovo chiesto che gli Stati membri Ue «mantengano gli impegni economici alimentando il Fondo fiduciario per l’Africa. Sono sicuro che ce la faremo».

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