sabato 26 ottobre 2019
A una settimana dalla possibile ridefinizione delle intese parla l'esponente di governo (Esteri). «Nuovo approccio con Tripoli, servono centri sicuri La via giusta sono i corridoi umanitari della Ue»
La viceministra agli Affari Esteri Emanuela Del Re (Ansa)

La viceministra agli Affari Esteri Emanuela Del Re (Ansa)

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A una settimana dalla scadenza del termine per il rinnovo del memorandum d’intesa con la Libia, si moltiplicano nella maggioranza dubbi e prese di posizione. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che sta riesaminando l’accordo, ha espresso perplessità per la questione delle condizioni dei migranti nei centri di detenzione, più volte denunciata da rapporti dell’Onu e da inchieste anche di questo giornale. Gli hanno fatto eco diversi ministri ed esponenti del Pd e di M5s. Pesa come un macigno sul rinnovo la questione della Guardia costiera libica, che come ampiamente dimostrato, è in realtà una milizia attiva nel traffico di esseri umani e in ogni caso riporta i migranti dai barconi alle galere disumane note per abusi di ogni tipo. Lo stesso caso Bija, sollevato dall’inchiesta di Nello Scavo su Avvenire, ha svelato la presenza imbarazzante del superboss sul territorio italiano nella tarda primavera del 2017. Ma è possibile un accordo "pulito" con la Libia, che tuteli i diritti umani senza finanziare i trafficanti proteggendo le persone più vulnerabili? Ne parliamo con Emanuela Del Re, viceministro degli Esteri con delega all’Africa, che ha competenza sull’aspetto umanitario dell’accordo.
«Il memorandum – afferma Del Re – è nelle mani del presidente del Consiglio. Dal mio punto di vista va rinnovato con un approccio diverso, che tenga conto della complessità della situazione che si è creata in questi anni».

Quale sarebbe?
L’accordo fa parte di una strategia più ampia che comprende da una parte la necessità di combattere il traffico di esseri umani e nello stesso tempo quella di assicurare il rispetto dei diritti umani. In più oggi, rispetto a due anni fa, c’è un conflitto interno che ha causato 25mila famiglie di sfollati, almeno 100mila persone. Dobbiamo tenere conto anche di questo: l’Italia per l’esperienza, la conoscenza del territorio e dei soggetti e il proprio ruolo storico ha un ruolo chiave per la stabilizzazione del Paese. Me lo ha confermato un incontro tenutosi lunedì e martedi scorso alla Farnesina. Abbiamo organizzato la prima riunione degli attori più importanti sul terreno, a partire da Acnur e Oim fino alle reti di Ong impegnate nei vari progetti, l’Unicef e l’Ue. Con il rinnovo possiamo ad esempio affrontare il complesso nodo dei profughi per intervenire nei centri di detenzione dove c’è una questione giuridica complicata perché per Tripoli le carcerazioni sono in un quadro legittimo, mentre per noi sono arbitrarie. Ma la strategia passa dal rinnovo, altrimenti non possiamo più intervenire. Fa parte di una architettura complessa.

Quali sono gli altri aspetti?
Oltre ai problemi per la popolazione libica, le stime dicono che ci sono dai 600mila agli 800 mila migranti sub-sahariani fuori dai centri. Occorre una risposta sul piano politico come Paese amico, vanno previsti progetti di sviluppo e cooperazione. Insomma serve un approccio olistico.

I centri di detenzione vanno chiusi come chiede anzitutto l’Acnur?
È fondamentale chiuderli. Vogliamo proseguire la collaborazione per incrementare le evacuazioni (in due anni in Italia sono arrivate 850 persone vulnerabili dai centri libici e dal Niger, ndr). Serve un sistema diverso, propongo che sia l’Acnur a occuparsi dei migranti quando arrivano sul territorio in centri sicuri e che venga rispettato pienamente il diritto umanitario internazionale. Questo non significa allentare sulla sicurezza, ad esempio sul controllo dei confini libici e dei flussi gestiti dai trafficanti. In Niger, ad esempio, abbiamo avviato progetti con l’Oim ad Agadez per accogliere i ragazzi che hanno subito abusi e aiutarli con rimpatri volontari e assistiti.

Il recente voto del Parlamento europeo che non ha aperto i porti mette in discussione questa architettura?
In Libia contano le azioni concrete. Occorre dialogare sul tema con tutti i parner europei, anche se un vertice con Francia e Germania non è ancora stato fissato. Non è in discussione il salvataggio di vite umane in mare, la loro ricollocazione in questo momento è in fase di negoziazione. Il dossier Libia è importante per tutti, il premier può a mio avviso ribaltare le prospettive proponendo i corridoi umanitari europei di cui sono strenua sostenitrice.

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