lunedì 26 settembre 2022
L'ex premier annuncia l'addio alla segreteria dem: "Il campo largo era l'unica via, altri si sono sfilati". Dalla fuga a Parigi al ritorno, traghetterà il partito "come gesto d'amore".
Letta in conferenza stampa dopo il voto

Letta in conferenza stampa dopo il voto - Ansa

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Non mette un fiocco colorato intorno alla sconfitta elettorale. Ne fa una disamina completa che non assolve né lui né la sua comunità politica. E poi annuncia: "Acceleriamo il percorso che porta al Congresso. Assicuro la guida al Pd fino a quel momento, ma non mi candido a segretario. Il mio è un gesto d'amore". Enrico Letta attende quasi l'intera mattinata prima di prendere la parola e commentare le elezioni. Ore di travaglio prima di definire la linea, la più netta tra quelle disponibili: nessun arrocco, l'ex premier, richiamato da Parigi al capezzale di un Pd in frantumi a inizio 2021, lascerà la guida del partito. Sarà sicuramente deputato, animerà una "opposizione dura e intransigente" dagli scranni di Montecitorio e non è previsto per ora un nuovo 'gesto eclatante', lo stesso con cui, a giugno 2015, lasciò la Camera per andare a insegnare a Sciences po. Lavoro che lo stava appassionando e che non avrebbe lasciato se tra fine 2020 e inizio 2021 l'allora segretario del Pd, Nicola Zingaretti, non avesse lanciato un vero e proprio grido d'allarme sul futuro stesso del partito. I dem finirono su un piano inclinato e pensarono a lui per non implodere. Ma, ammette Letta, poi "quando si perde si è sempre soli". Un modo per dire che ha ben capito quale sia l'umore dentro il partito: il Congresso di fatto è già iniziato, con candidature in pectore come quella di Stefano Bonaccini per rianimare lo spirito riformista e quella di Elly Schlein per operare un chiaro e inequivocabile spostamento a sinistra.

Una campagna elettorale difficilissima, quella di Letta. Sino alle ultime amministrative il piano era chiaro: alleanza con M5s. Ma con la caduta dell'esecutivo Draghi, concausata proprio dai pentastellati, il castello è crollato. "Oggi siamo in questa situazione perché Conte ha fatto cadere il governo", dice il segretario dem alla stampa. Il piano B, allestito in fretta e furia, era un'alleanza politica con Calenda e tattica con Bonelli-Fratoianni. Ma alla fine il leader di Azione si è sottratto, preferendo la corsa solitaria con Renzi al centro. "Da lui è arrivato fuoco amico", dice il segretario dem riferendosi ai collegi che il centrosinistra avrebbe perso a causa delle percentuali conquistate da Azione-Iv. E a cose fatte, la constatazione "il campo largo era l'unica via, non si è fatto per colpa di chi si è sfilato", Letta la mette sul tavolo quasi rassegnato, senza punte polemiche. Quantomeno, conclude il ragionamento, "ora le opposizioni non vadano in ordine sparso", insomma approfittino degli scranni di minoranza per creare un'alternativa di governo.

Quanto al Pd, il Congresso sarà "presto" ma senza corse mozzafiato, per "rispettare lo Statuto". Ma la riflessione dovrà essere "profonda" perché chi "verrà dopo di me dovrà costruire l'alternativa" alla destra che ha vinto le elezioni. Sullo sfondo l'ombra di Renzi che ha accompagnato gli ultimi dieci anni di vita politica di Letta. Dal famoso "stai sereno" alla capacità persuasiva che l'ex sindaco di Firenze ha esercitato su Calenda, convincendolo a lasciare l'alleanza con i dem, la rivalità tra i due toscani, il pisano e il fiorentino, si rinnoverà ora in Parlamento: Letta alla Camera, Renzi al Senato, con due modi diversi di interpretare il ruolo di opposizione.


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