sabato 17 marzo 2018
Presentato ieri il piano innovativo voluto da diocesi di Rieti e Slow Food per tradurre su tutto il territorio il messaggio del Papa. Pompili: mettere in relazione ecologia e giustizia sociale
Una veduta di Amatrice, un anno dopo il devastante terremoto (Ansa/Emiliano Grillotti)

Una veduta di Amatrice, un anno dopo il devastante terremoto (Ansa/Emiliano Grillotti)

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Una terra ferita immersa nella natura. Un luogo che prima di essere ricostruito «va rigenerato». Parte da Amatrice, ma il progetto innovativo che vede insieme la diocesi di Rieti e Slow Food dovrà diventare contagioso, e non solo in Italia. Ad oggi sono già una decina le Comunità Laudato si’ nel nostro Paese e all’estero e altre trenta sono in fase di realizzazione; sono tutte realtà che hanno accolto l’appello di tradurre in pratica il messaggio ecologista di papa Francesco, facendole il principio ispiratore del vivere insieme. L’iniziativa avrà il suo cuore pulsante proprio nella cittadina del reatino simbolo del dramma dal terremoto del 2016; qui nel complesso del Don Minozzi infatti nascerà il centro studi internazionale Casa Futuro–Centro Studi Laudato si’ dalla ristrutturazione di un edificio danneggiato dal sisma. Un centro che ospiterà giovani accomunati dalla volontà di praticare e insegnare l’ecologia integrale, arrivando persino all’autosufficienza alimentare con la produzione interna di cibo.

Se infatti «tutto è connesso come ricorda papa Francesco», è la premessa da cui parte il vescovo di Rieti, monsignor Domenico Pompili, durante la presentazione del progetto ieri nella sede di Radio Vaticana, questo vuol dire che ciascuno è implicato in questo processo e che «non si può prescindere dalla necessità di uscire dai compartimenti stagni». Ecco perché l’ambiente è «l’interlocutore di un dialogo che ci muove, ci fa pensare e ci aiuta a capire chi siamo», in un costante interscambio tra interiore esteriore. Ciò che l’enciclica insegna – continua il pastore – è appunto «vivere la pienezza dentro il limite», che ci porta anche a «non temere allora che i piccoli gesti siano insignificanti » visto che i frutti eccedono sempre la logica del calcolo. E ancor più dirompente, è la novità della Laudato si’ che «mette in relazione il tema della giustizia sociale con l’ecologia finora trattati in modo separato».

Tutte riflessioni, queste, alla base della Comunità Laudato si’ di Amatrice e di tutte quelle che nasceranno sul territorio, che per i prossimi tre anni si impegneranno ad aiutare anche materialmente la rinascita del piccolo borgo terremotato. «Partiamo da una terra ferita dal sisma – spiega monsignor Pompili – una terra che attende impazientemente di essere rigenerata». Usa non a caso il termine rigenerazione e non ricostruzione, il vescovo, perché «in questi mesi abbiamo già maturato qualche sospetto sul tempismo e sulla capacità di ricostruzione ». Tuttavia questo processo non sarà possibile, secondo il responsabile della Chiesa di Rieti, «se non riuscendo a mettere in relazione tra di loro le persone, le persone con l’ambiente che potrà essere vissuto e non desertificato, a condizione che si facciano delle proposte eco-sostenibili». Le Comunità Laudato si’ sono «un modo pratico, concreto, possibile » per fare ciò, «che proponiamo a chi vorrà essere della partita». Scopo di ogni Comunità sarà diffondere in piena autonomia l’educazione ai temi dell’ecologia integrale, della giustizia sociale e della solidarietà attraverso eventi, conferenze, laboratori, corsi, pubblicazioni, scambi e iniziative sul territorio. Le Comunità potranno formarsi a partire da esperienze già presenti (associazioni, parrocchie, condotte di Slow Food) oppure organizzate ad hoc, come realtà associative “leggere” senza statuti a cui si chiede la semplice adozione di alcune linee guida ispirate dall’ultima enciclica di Bergoglio. «La provocazione di Laudato si’, non è ancora del tutto recepita», sostiene difatti il vescovo Pompili, ed è nell’idea che «la visione ecologica dell’ambiente implichi una relazione a più vettori con il Creato, con le persone e con Dio, cioè una visione olistica».

Un percorso che obbliga quindi a «cambiare gli indicatori per misurare diversamente i valori che nascono dalla comunità», che hanno comunque un valore economico. L’economista Luigino Bruni, perciò, parla di «avvio di un processo», di «un seme di cui non conosci la pianta», nato proprio dall’intuizione di papa Francesco che mette insieme il concetto della giustizia sociale e dell’ambiente, «fino al secolo scorso due mondi che non parlavano molto e spesso in contrasto». Povertà e ambiente, insomma, come due facce della stessa medaglia. E non è un caso, per il docente della Lumsa, che si parta «da una terra ferita per rilanciare questo messaggio », unendo due «realtà diverse come Slow Food e la Chiesa di Rieti» per «avviare un processo generativo del territorio nella sua dimensione identitaria anche attraverso l’idea di un centro che formi giovani diventando parte del bene comune». Perché ciò va nel solco di «fare alleanze a partire dalle vittime e non dalle ideologie – aggiunge – un processo capace di generare futuro». Anche più in generale per l’Italia intera, in cui occorre ritrovare «una base di visioni comuni prima della competizione economica e politica». Altrimenti «ci si disfa come Paese».

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