martedì 27 aprile 2021
Corsa contro il tempo. Lepri-Delrio: si inizi almeno con l’erogazione a lavoratori autonomi e incapienti che oggi sono esclusi dai sostegni. Tra gli ostacoli anche i timori di ingorghi ai Caf
L'assegno unico ai figli a rischio rinvio
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Per la partenza dell’assegno unico dal prossimo primo luglio il tempo sta scadendo. Salvo un colpo di reni dell’ultima ora, il governo non riuscirà a varare i decreti attuativi della nuova misura di contrasto alla denatalità in data utile per permettere il varo nei tempi annunciati. Mancano poco più due mesi alla bandierina di metà anno, la scadenza fissata.

Troppo pochi per superare la strettoia legislativa e burocratica che si sta profilando. Così in queste ore, anche se nessuno lo ha detto esplicitamente, si va profilando un “piano B”, una soluzione-ponte che permetta di salvare l’essenziale del provvedimento, grazie ai tre miliardi aggiuntivi stanziati in manovra per il 2021. Ovvero l’estensione del sostegno a chi finora ne ha beneficiato solo in parte, come i lavoratori autonomi e gli incapienti.

Ed eventualmente la distribuzione a tutte le famiglie con figli di un “gettone” extra. L’assegno potrebbe partire in forma ridotta e andare a regime solo dal gennaio 2022. Una frenata che non sarebbe indo-lore, dato che sul nuovo sostegno le attese sono cresciute, tanto più nel periodo di pandemia che taglieggia i redditi di molte famiglie. «L’assegno unico diventerà lo strumento centrale e onnicomprensivo per il sostegno alle famiglie con figli, in sostituzione delle misure frammentarie fino ad oggi vigenti. È una riforma che rappresenta un cambio di paradigma nelle politiche a sostegno della natalità», ha affermato ieri il premier Mario Draghi alla Camera.

E il Pnrr cita esplicitamente la nuova misura all’interno del capitolo destinato alle riforme. Una sollecitazione al governo ad «accelerare al più presto» sui decreti legislativi di attuazione della legge delega è arrivata ieri dai deputati Pd Stefano Lepri e Graziano Delrio, padri della legge sull’assegno unico: la partenza a luglio «è necessaria e utile, perché si tratta di una riforma che semplifica, fa giustizia e rende i figli tutti uguali davanti allo Stato» affermano ammettendo tuttavia che «le difficoltà per dare il via ad una riforma epocale del welfare italiano sono chiare». «In ogni caso - evidenziano i due parlamentari - il 1° luglio si inizi almeno con l’erogazione dell’assegno agli oltre due milioni di beneficiari che sono oggi in tutto o in parte esclusi dagli aiuti statali», ovvero «i figli di autonomi, professionisti, disoccupati e incapienti, categorie fra le più colpite dalla pandemia, che non possono aspettare ».

Dall’esecutivo un segnale di rassicurazione arriva da Elena Bonetti (Iv), la mini- stra della Famiglia che ha condotto in porto la delega approvata il 30 marzo. «L’impegno è quello preso con le famiglie, l’erogazione dal primo luglio, e siamo al lavoro nella costruzione dello strumento». Ma la crisi del governo Conte ha fatto perdere due mesi e ora il tempo stringe. Per il varo dei decreti bisogna mettere d’accordo tre ministeri (oltre a quello di Bonetti, il Mef e il Welfare), in queste settimane impegnatissimi su altri fronti. Poi il Parlamento ha 30 giorni di tempo per dare il suo parere. Potrebbe anche far prima. Ma restano comunque da approvare i regolamenti attuativi delle misure.

Tra i problemi da risolvere c’è quello della clausola di salvaguardia. Per evitare che ci siano categorie di contribuenti che nel passaggio dai vecchi strumenti (sgravi, assegni familiari, bonus) al nuovo possano perderci, servono 800 milioni aggiuntivi su base annua, 400 per il solo secondo semestre del 2021. Poi c’è il rischio ingorgo per le certificazioni Isee: l’assegno avrà infatti una base uguale per tutti che verrà maggiorata in base al decrescere del reddito e al numero dei figli. Gli oltre 7 milioni di famiglie interessate avranno bisogno pertanto di rivolgersi ai Caf, che già hanno lanciato l’allarme parlando di «ostacoli oggettivi» all’erogazione in tempi brevi. Inoltre c’è da regolare la compatibilità tra il nuovo assegno e il reddito di cittadinanza: se il nuovo sussidio contribuisse al calcolo del reddito familiare l’importo del Rdc scenderebbe e oltre un milione di famiglie non trarrebbe giovamento dalla nuova misura. A fronte di queste difficoltà, mentre prosegue il lavoro dei tecnici dei ministeri per dettagliare il nuovo assegno, prende corpo l’ipotesi di una partenza a tappe.

A luglio ci sarebbe solo l’estensione degli aiuti, sotto forma di tantum ai lavoratori autonomi (che non hanno gli assegni familiari) e agli incapienti (che non godono delle detrazioni fiscali). Mentre alle altre famiglie fino a fine anno continuerebbero a essere erogati i vecchi benefici. L’assegno unico partirebbe a gennaio del 2022. Una tempistica che permetterebbe di raccordarlo meglio alla riforma fiscale in cantiere la prossima estate. Ma che certo deluderebbe molte famiglie.

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