venerdì 24 gennaio 2020
Mario Cattaneo colpì con una rosa di pallini uno dei ladri che si era introdotto nel suo locale. Assolto in primo grado dall'accusa di eccesso colposo di legittima difesa. Salvini: giustizia è fatta
Mario Cattaneo mostra le ferite riportate nella colluttazione con i ladri, il 12 marzo 2017

Mario Cattaneo mostra le ferite riportate nella colluttazione con i ladri, il 12 marzo 2017 - Ansa

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Mario Cattaneo, l'oste di Casaletto Lodigiano dal cui fucile, il 10 marzo 2017, partì una rosa di pallini che uccise Petre Ungureanu, che con complici si era introdotto nel suo locale per rubare, è stato assolto in primo grado dal tribunale di Lodi dall'accusa di eccesso colposo di legittima difesa. Il pm, nella requisitoria di stamattina, aveva chiesto una condanna a tre anni di reclusione. Cattaneo, dopo la pronuncia dell'assoluzione, è rimasto per diversi minuti seduto sulla sua sedia.

Le prime parole del legale, di cui riferiscono le agenzie sono state: «La giustizia ha trionfato". Dello stesso tenore le affermazioni di varie esponenti della Lega, tra i quali Matteo Salvini. Una versione dei fatti che non trova conferma dalle parole del procuratore di Lodi che invece ha spiegato che "in attesa di leggere le motivazioni, è più probabile che la nuova legge sulla legittima difesa non abbia avuto rilevanza che ce l'abbia avuta". Il procuratore Domenico Chiari spiega: "Una delle versioni della difesa era che il colpo fosse partito accidentalmente nel corso della colluttazione - argomenta il magistrato - per capire se la legge è stata applicata, bisogna aspettare le motivazioni della sentenza. Il giudice di solito dà ragione o all'accusa o alla difesa, difficile che ci siano terze versioni completamente diverse. Probabilmente avrà recepito la tesi della difesa ed è chiaro che, se così fosse, la nuova legge non c'entrerebbe".

Lo stesso Chiaro ha detto che "la Procura deciderà se ricorrere in appello o no".

"Non c'è nessuna decisione automatica in relazione all'esito della sentenza - ha aggiunto Chiaro -. Leggendo le motivazioni verificheremo se sono state prese in considerazione tutte le nostre motivazioni e come il giudice ha ritenuto di ricostruire i fatti e di giungere a questa conclusione. E solo con uno studio approfondito della sentenza che si potrà stabilire se fare appello o no. Se riterremo adeguate le motivazioni del giudice ovviamente non faremo appello".

"Comunque rimangono dubbi - ha concluso il procuratore -. E rimane impensabile che il complice del ladro che stava colluttando con Cattaneo non abbia avuto timore a voltare le spalle ai due contendenti e non sia, invece, intervenuto a dar man forte ai compagni". Le motivazioni della sentenza saranno pronte tra 90 giorni.

Mario è rimasto fermo, immobile sulla sua sedia alla sinistra del giudice. Si sono mossi tutti gli altri, a poco a poco: l’Unione nazionale vittime, per andare ad abbracciarlo, gli avvocati, il pm, il procuratore Domenico Chiaro. Ma lui no. Per almeno cinque interminabili minuti se ne è stato lì fermo. Poi ha spiegato il perché appena fuori dal tribunale. «Non riesco nemmeno a vedere che c’è il sole – ha detto –. Penso che, arrivato a casa, fino a stasera non mi alzerò dalla sedia e probabilmente non cenerò. La tensione è troppa. Tutte queste udienze, questa attesa, le requisitorie di oggi, sono stati come colpi, per me. E ora sono distrutto. Oggi mi è sembrato di stare davanti a un plotone d’esecuzione. Sono state ore interminabili, snervanti».

Mario ha 70 anni; l’idea di quella notte in cui ha anche perso la vita un giovane di 28 anni, lo ha segnato profondamente: «Prego spesso per lui». Ha lasciato a casa moglie e figlio. «Quella notte - ricorda - sono sceso al piano dei ladri perché avevo paura che, alla fine, non si accontentassero solo di rubare ma, invece, salissero anche dove eravamo noi, e lì, io avevo tre nipotini che dormivano tranquilli. Li dovevo difendere da questa eventualità».


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