giovedì 15 dicembre 2022
Il gommone carico di migranti era diretto verso le coste britanniche. Caritas Francia: le frontiere sono blindate, le persone rischiano la vita
La polizia scientifica arriva alla marina di Dover, per ispezionare i corpi dei migranti morti nella traversata dalla Francia

La polizia scientifica arriva alla marina di Dover, per ispezionare i corpi dei migranti morti nella traversata dalla Francia - Ansa

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Ancora una tragedia nella Manica, ieri mattina all’alba, dopo le richieste d’aiuto partite da un gommone in difficoltà diretto verso le coste britanniche. Il drammatico bilancio è di 4 morti, secondo i soccorritori inglesi e francesi, spalleggiati da un peschereccio, che hanno messo in salvo 43 migranti, di cui più di 30 finiti nelle acque gelide prossime allo zero.

L’allerta è giunta poco dopo le 3 (ora di Londra), secondo il governo britannico. Il natante è stato localizzato al largo del litorale di Dungeness. Tanta la rabbia fra gli operatori umanitari, che evidenziavano da tempo il rischio di nuove stragi, dopo quella del 24 novembre 2021, in cui morirono 27 persone.

Secondo una stima recente, quest’anno sono stati già in 45mila a tentare la traversata, rispetto ai circa 30mila dell’anno scorso. Secondo il Missing migrants project, sotto l’egida dell’Onu, più di 205 persone sono morte o scomparse dal 2014 traversando la Manica.Nel Regno Unito, su forte impulso dei conservatori, è stato appena adottato un pacchetto di misure contro l’immigrazione non regolare, fra cui un accordo con l’Albania, dato che quasi un terzo dei tentativi recenti di traversata riguarderebbero degli albanesi.

Ma su entrambe le sponde, in proposito, le Ong umanitarie additano il protrarsi di una linea politica quasi solo repressiva. «Sono stati messi molti mezzi per blindare la frontiera, ma pochissimi mezzi supplementari per accogliere più degnamente le persone sul litorale Nord francese, o per nuovi mezzi di salvataggio», dice ad Avvenire Juliette Delaplace, delegata da 3 anni a Calais per Caritas Francia (Secours Catholique), tratteggiando uno sfondo rimasto immutato: «L’ultimo accordo fra Regno Unito e Francia prevede forze di polizia in più e tecnologie più sofisticate per impedire le traversate. Ma nulla di strutturale è stato migliorato, ad esempio circa la possibilità di raggiungere il Regno Unito con dei visti o di restare in Francia con la prospettiva d’essere regolarizzati, oppure nelle condizioni d’accoglienza. Tutto pare fatto per spingere le persone a prendere rischi nelle traversate. Dal canto nostro, chiediamo proprio che si possa raggiungere il suolo britannico senza prendere così tanti rischi. Chiediamo che, non necessariamente a Calais, ma anche a Parigi e presso le altre strutture diplomatiche britanniche, si possano presentare richieste di visti. Chiediamo soluzioni durature e del coraggio politico. Invece, la politica delle forze dell’ordine a Calais vuole soprattutto evitare la costituzione di nuovi accampamenti giganti. Dunque, proseguono gli sgomberi di tende in centro».

Attorno a Calais, dopo la strage di un anno fa, dei semplici cittadini soccorrono spesso i migranti, anche accogliendoli in casa. Ma si continua ancora a dormire all’aperto o in ripari estremamente precari. Il numero di esiliati non scende e l’aumento dei controlli spinge certi migranti a partire da zone costiere francesi più distanti dalla Gran Bretagna. Il lavoro dei soccorritori in mare diventa ancora più difficile.

A Calais, ha commosso la testimonianza di padre Philippe Demeestère, il gesuita che l’anno scorso aveva denunciato la sorte degli esiliati con un lungo sciopero della fame. Anche per il sacerdote, non è cambiato molto, come ci spiega: «Le pratiche amministrative per l’asilo in Francia si facevano con una coda davanti alle prefetture. Adesso, tutto passa tramite internet. Ma ci sono persino mafie che si accaparrano gli orari d’appuntamento telefonico, per rivenderli agli esiliati. Anche quando si può telefonare per prendere un appuntamento, tutto è complicato. Le associazioni dicono che occorrono diversi giorni per raggiungere qualcuno per una richiesta d’asilo».

Per padre Philippe, prevale una logica di politica interna: «In Francia, si vuole mostrare all’opinione pubblica che si applica già una politica che sarebbe applicata pure dai partiti più ostili all’immigrazione». Ma al contempo, il sacerdote tiene pure ad elogiare «il lavoro invisibile quotidiano dei soccorritori in mare».

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