venerdì 12 gennaio 2018
L'attrice Stephanie Linus sulla nave Aquarius dell'Ong Sos Méditerranée: «Sensibilizzare le ragazze è fondamentale, molte dicono "se l'avessi saputo non sarei partita"»
Stephanie Linus, attrice di Nollywood, la "Hollywood" nigeriana

Stephanie Linus, attrice di Nollywood, la "Hollywood" nigeriana

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«Se informiamo le ragazze vittime della tratta, possiamo salvarle e bloccare questo business». Stephanie Linus scandisce le parole, nella sala stampa allestita a bordo della nave Aquarius. L’attrice nigeriana, star di Nollywood (fusione di Nigeria e Hollywood, ndr) , il gotha del cinema nel paese più popoloso d’Africa è appena arrivata a Catania, invitata dal team di Medici senza frontiere, per una visita sulla nave noleggiata dalla Ong Sos Méditerranée.

«Ho accettato l’invito di Msf – racconta, durante la conferenza stampa allestita nello shelter, la sala coperta della nave, riservata alle donne salvate in mare – in questi mesi ho avuto modo di apprezzare il gran lavoro che compiono su questi temi nel Mediterraneo. Le vittime del racket della prostituzione vengono in larga parte dal mio paese. Ho sentito il dovere di aggiungere anche la mia voce alla loro campagna».

I dati raccolti da Msf parlano chiaro. «Nel 2017 la nave Aquarius ha soccorso oltre 15 mila persone – spiega Luca Salerno, capo progetto dell’organizzazione, sull’imbarcazione battente bandiera di Gibilterra – di queste, circa 2 mila erano donne. E 800 venivano dalla Nigeria. Stando ai nostri dati il 65 per cento delle donne che viaggiano da sole sono nigeriane».

Nella prima settimana del 2018 sono arrivati in Italia attraverso la Libia 450 migranti e durante l’anno appena trascorso il team di Msf ha raccolto oltre 300 testimonianze tra i migranti soccorsi, molti dei quali riferivano di abusi e violenze sessuali. «Oltre la metà delle testimonianze erano di donne nigeriane – conferma Noor Cornelissen, responsabile del settore umanitario di Msf sulla Aquarius – abbiamo trattato e documentato 135 casi conclamati di violenza sessuale. Il 12 per cento delle ragazze ne è stata vittima nel paese d’origine. Il 22 per cento durante il viaggio attraverso il deserto. Il 42 per cento in Libia. Tutte ci dicono le stesse parole: 'Se lo avessi saputo, non sarei partita'».

«Sensibilizzare le ragazze è fondamentale – dice ancora Stephanie Linus, commentando i dati – tutto questo si può prevenire attraverso un’informazione mirata che abbia come obiettivo le potenziali vittime della tratta, ma anche le famiglie, i mass media, i governi, le autorità religiose». Spesso chi finisce vittima della tratta sessuale racconta di essere stato plagiato in patria, attraverso rituali juju, mutuati da alcuni dei culti tradizionali dell’Africa occidentale. «Io sono cristiana – ancora Stephanie – ma nel mio paese ci sono anche musulmani e persone devote alle religioni locali. Sono per la libertà di ognuno, ma occorre demistificare rituali come quelli juju, quando diventano pericolosi».

A margine della visita in nave, con tanto di pranzo nella mensa di bordo, c’è il tempo di scambiare qualche parola con il personale impegnato sulla Aquarius, che ripartirà proprio domani. Stephanie Linus, invece, si tratterrà in Sicilia fino alla prossima settimana, per visitare le strutture d’accoglienza della zona. «L’idea è quella di realizzare un film che parli di questi temi» commenta l’attrice, che nel 2014 è divenuta popolare in patria come protagonista della pellicola Dry, sui matrimoni forzati di ragazzine minorenni, in Nigeria. «Il grande schermo raggiunge i più giovani. Utilizzarlo per lanciare messaggi che possono salvarli è una responsabilità».

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