giovedì 22 ottobre 2020
La conferma: in stallo negoziato sul bilancio e ratifiche nazionali, slittano le emissioni di titoli per finanziare il Recovery plan. Pd–M5s ancora divisi in un voto sul Mes all’Europarlamento
Il commissario Ue al Bilancio, Johannes Hahn

Il commissario Ue al Bilancio, Johannes Hahn - Reuters

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Le emissioni di titoli comuni Ue per finanziare il Piano di Rilancio «non ci saranno prima dell’estate 2021». A confermarlo sono ora fonti comunitarie di alto livello, mentre già qualche settimana fa l’ambasciatore tedesco Michael Clauss, a nome della presidenza di turno Ue, aveva definito «inevitabile» il ritardo. La ragione è semplice: mentre il bilancio richiede solo il via libera degli Stati membri e dell’Europarla-mento, il Piano di rilancio richiede anche la ratifica da parte dei Parlamenti nazionali. In teoria le ratifiche avrebbero potuto partire subito, ma vari Paesi soprattutto del Nord hanno preteso che prima fosse pronto l’intero pacchetto. E sul bilancio non si è sbloccato il negoziato con il Parlamento che insiste per aumentare di 39 miliardi di euro il bilancio Ue, richiesta respinta al Consiglio Europeo la scorsa settimana dalla cancelliera Angela Merkel e vari altri leader. Né c’è intesa sul vincolo dello Stato di diritto e versamento dei fondi Ue.

«Bisogna trovare la forza della creatività che fa la magia dell’Ue – si è appellato ieri il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel – per trovare al più presto un accordo». In questo contesto è difficile che le ratifiche siano completate entro fine anno, del resto gli Stati membri hanno tempo fino ad aprile per inviare i piani nazionali di investimento e riforme richiesti dal Piano di rilancio. Poi si tratterà di preparare la collocazione dei titoli Ue sui mercati, ecco che si arriva a metà anno. Le fonti precisano che le emissioni saranno di 800 miliardi di euro, visto che i 750 miliardi del Piano sono calcolati sui prezzi del 2018. Del resto per il 2021 è previsto solo un anticipo del 10% dei fondi stanziati per ogni Stato membro, circa 20 miliardi per l’Italia. La quale complessivamente ha diritto a un totale di 208,8 miliardi di euro (81,4 di trasferimenti e 127,4 di prestiti).

Bruxelles è comunque fortemente incoraggiata dall’ottimo risultato della prima asta di titoli comuni Ue da 17 miliardi di euro (con una domanda 13 volte superiore all’offerta) per finanziare Sure, il programma di assistenza alle casse integrazioni (27,4 miliardi per l’Italia), disponibili già da quest’anno. «Con questa operazione – ha commentato il commissario al Bilancio Johannes Hahn – la Commissione ha compiuto un primo passo per entrare tra i big dei mercati globali dei capitali di debito». Il successo dell’asta, ha aggiunto, è «un’ulteriore prova del grande interesse per i titoli Ue». Con l’emissione dei titoli per il Piano di rilancio, anzi, l’Ue sarà il primo emittitore di titoli di debito, arrivando in totale a circa 1.000 miliardi di euro. Il tempo stringe, a fronte del nuovo aggravarsi della crisi. «L’incertezza non diminuisce, anzi forse è aumentata – ha avvertito il commissario all’Economia Paolo Gentiloni – sicuramente non avremo una “ripresa a V”» (una forte ripresa dopo un forte crollo). Il 5 novembre la Commissione pubblica le previsioni economiche d’autunno, Gentiloni ha anticipato che per tutto il 2020 «la crescita dell’eurozona sarà di –8,3%», con conseguenze sociali che «saranno profonde e lasceranno cicatrici». Intanto a Bruxelles ieri Pd e M5S sono tornati a dividersi sul Mes, con i pentastellati che hanno votato contro una relazione al Parlamento Europeo che raccomanda l’uso delle linee di credito sanitarie senza condizioni varate in primavera.

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