domenica 13 ottobre 2019
Scontro sui dati relativi al calo delle scommesse e dei giocatori patologici
La buona legge sull'azzardo adesso divide il Piemonte
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In Piemonte per il gioco d’azzardo presto potrebbe cambiare aria. Nella Regione che ad oggi ha le regole più severe a riguardo (tanto da superare quelle nazionali), il forte controllo sul gioco legalizzato viene messo in dubbio. Il problema è una norma retroattiva della legge regionale n. 9 del 2016, che pare abbia messo in crisi il comparto dal punto di vista occupazionale. Intanto però, due ricerche diverse arrivano a conclusioni quasi opposte sugli effetti di controlli e restrizioni.

È proprio dai numeri che nasce tutto. Da un lato un’indagine Eurispes ha stimato per effetto delle regole più severe un taglio dell’80% delle slot machines e delle videolottery, che pare abbia portato ad una diminuzione in Piemonte di due miliardi circa nelle giocate ma anche ad una riduzione di 5.200 posti di lavoro e di 220 milioni di introiti per lo Stato; accanto a tutto questo, sarebbe cresciuto invece il gioco illegale. Dall’altro, una ricerca di Ires Piemonte (cioè l’ente di ricerca regionale) ha invece evidenziato come le regole più restrittive abbiano condotto ad un taglio del gioco in Piemonte (-9,7%, pari a 497 milioni di euro) molto più forte che nel resto d’Italia e, soprattutto, ad un incremento di quello online inferiore sempre rispetto al resto del Paese (+75% contro un +87%). Mentre sempre per Ires (che ha presentato la sua ricerca in Consiglio regionale pochi giorni fa), basandosi sulle rilevazioni effettive dell’Osservatorio regionale sul mercato del lavoro, tra il 2016 e il 2018 il saldo fra cessazioni e assunzioni in tabaccherie e sale gioco sarebbe meno negativo di quanto stimato da Eurispes.


L’assessore alle Attività produttive: «Regole troppo restrittive». L’ente di ricerca regionale: «I numeri dimostrano l’efficacia della norma così com'è»

Ad essere messa sotto accusa – oltre che essere indicata come causa dei danni dal punto di vista economico – è come si è detto la norma retroattiva della legge regionale piemontese che impone rigorose distanze (500 metri nei comuni più grandi e 300 in quelli più piccoli) dei luoghi di gioco da quelli considerati sensibili: scuole, ospedali, banche. Sono infatti chiamate a rispettare la distanza anche le sale gioco e sale scommesse esistenti nel 2014, cioè due anni prima che venisse approvata la legge. A porsi adesso contro questa indicazione è l’attuale assessore alle attività produttive del Piemonte, Andrea Tronzano, che spiega come chi ha effettuato investimenti prima dell’entrata in vigore della legge sia stato fortemente danneggiato. Insomma, la retroattività sarebbe responsabile della progressiva distruzione del settore con evidenti conseguenze occupazionali. (alcune associazioni di categoria parlano addirittura di proibizionismo).

Un dato sorprendente anche dal punto di vista politico, visto che nel resto d’Italia le amministrazioni di centrodestra hanno sempre dimostrato severità sul gioco d’azzardo. Il punto cruciale in ogni caso sta negli effetti della legge e quindi nel reale contenimento del gioco d’azzardo e delle patologie collegate. Un dato sul quale anche gli operatori sanitari hanno qualcosa da dire. Paolo Jarre, direttore del Dipartimento dipendenze dell’Asl Torino 3 e coordinatore del gruppo di lavoro regionale sulla legge attualmente in vigore, qualche giorno fa ha spiegato come l’incidenza dei giocatori problematici in Piemonte sembra si sia dimezzata rispetto al resto d’Italia. Un effetto che parrebbe essere dovuto «soprattutto alla riduzione delle occasioni di gioco». Mentre ancora Ires, in un documento che sintetizza gli effetti reali delle regole in vigore, spiega: «Si tratta di primi indizi che fanno pensare che le norme introdotte stiano operando come atteso in termini di riduzione delle perdite complessive da gioco d’azzardo». D’altra parte «occorre condurre indagini per monitorare anche l’evoluzione del gioco illegale».

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