martedì 26 settembre 2017
Dopo la direzione nazionale di Ap, il ministro degli Esteri chiude ancora al ddl in Senato. E al Senato mancano i numeri. Zanda, Pd, continua a trattare. Articoli su «Vita Pastorale»
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Scontro tra Pd e Ap sull'approvazione della legge sullo "ius culturae". È stato il ministro degli Esteri Angelino Alfano a chiudere di nuovo la porta a un'approvazione rapida della legge sullo ius culturae, pur giudicandola formalmente in modo positivo. «Ribadiamo che un provvedimento giusto in un momento sbagliato può diventare una cosa sbagliata, che può essere un favore alla Lega», ha detto oggi il leader di Alternativa popolare, al termine della direzione nazionale del partito. Anche il capogruppo alla Camera dei centristi Maurizio Lupi ritiene «un errore avere altre forzature in Parlamento» sul tema. Per Ap, dunque, «si tratta di una questione chiusa per quanto riguarda questa legislatura. Se ne potrà riparlare alla prossima».


In campo per bloccare l'approvazione della legge per la cittadinanza anche il ministro della Sanità Beatrice Lorenzin, che lo fa con toni morbidi , ma comunque decisi nella sostanza. Il disegno di legge sullo ius culturae, dice, è "una norma di civiltà, ma il realismo ci dice che non sarebbe passato". Aggiungendo: "Questa norma è un disegno di legge, non è un decreto, bisognava fare quello che io ho proposto qualche settimana fa, di seguire la strada seguita per i vaccini, rinunciare alla fiducia per fare un percorso parlamentare per aprire ad emendamenti, perché quella che è una norma di civiltà ma che necessitava di alcune trasformazioni potesse essere approvata da una maggioranza più ampia e compresa dalla popolazione. Quello che è passato è che tutti gli
immigrati diventano cittadini italiani, il provvedimento non doveva essere chiamato ius soli ma ius culturae. Se vogliamo approvare la norma con realismo il realismo ci dice che non sarebbe passata e che sarebbe stato un elemento fortemente divisivo, che avrebbero pagato proprio i ragazzi". Secondo Lorenzin però ormai non c'è più tempo per approvare la norma. "È un discorso che dovrebbe essere portato come primo atto nella prossima legislatura, accompagnato da un ragionamento culturale che ci porti ad una integrazione vera". Quindi stop alla discussione in Senato, in attesa delle elezioni politiche. Poi si vedrà.


Felice il segretario della Lega Nord, Matteo Salvini, che non perde occasione per attaccare anche il Vaticano: "La capigruppo oggi al Senato ha definitivamente bocciato lo 'ius soli'. È una vittoria della Lega, dei cittadini e di tutti gli immigrati regolari e di buon senso. La cittadinanza non si regala, l'integrazione non è un biglietto per il luna park. Se ne facciano una ragione i buonisti e alcuni amici d'oltretevere".

Ai centristi, che ribadiscono perplessità sulla tempistica e chiedono di rinviare tutto al la prossima legislatura, replica il portavoce dem Matteo Richetti. Per il quale la legge «si deve fare, perché crea integrazione ed è una risposta all'inquietudine e alla paura. Non c'è tempo sbagliato per un diritto sacrosanto».

"Il piano per l'integrazione è un grosso risultato. Sempre sul fronte dell'integrazione ora possiamo fare un ulteriore passo in avanti facendo approvare lo ius soli temperato, che riguarda persone già di fatto italiane". osserva il deputato del Pd Edoardo Patriarca. "Il ruolo del volontariato, del Terzo Settore è fondamentale per garantire una vera integrazione - dice Patriarca - Lo ius soli temperato non riguarda chi è migrante, ma figli di persone che hanno già acquisito la nostra cultura. Basta con le
mistificazioni
di chi mette tutto sullo stesso piano".

Il ministro per i Rapporti con il Parlamento Anna Finocchiaro, Pd, ricorda invece ai colleghi e alleati di Ap che questa legge sulla cittadinanza rientra tra gli obiettivi di questo governo e che anche quelli che ora vogliono fermarla "si sono espressi a favore di questo provvedimento".

Però mancano i voti. Comunque "Portare oggi nell'aula del Senato il testo sulla cittadinanza significherebbe condannarlo a morte certa e definitiva". Lo afferma il presidente dei senatori del Pd Luigi Zanda che osserva: "La posizione ribadita da Ap conferma che per approvare questa legge al Senato mancano alla maggioranza 24 voti. Purtroppo i 7 senatori di Sinistra italiana e i pochi di altre componenti che, oggi, voterebbero a favore del provvedimento non sono sufficienti a formare una maggioranza che possa approvarlo. Questi, al di là di ogni dietrologia, sono i numeri reali". Conclude Zanda: "Preferisco continuare a lavorare per trovare una reale maggioranza, sia proseguendo il confronto con Ap - che ha già votato la legge alla Camera e che ancora ieri lo ha definito una legge giusta - sia negli altri gruppi del Senato".

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"Con tutto il rispetto e l'amicizia, quella di Alternativa Popolare sullo ius soli è una posizione sbagliata nel momento sbagliato. Non è certo una questione di calendario, ma di messaggio etico e culturale che la politica manda alla pubblica opinione. Noi ci sentiamo pienamente in sintonia con il lucido ed equilibrato intervento del presidente della Cei cardinale Bassetti, su questo come su altri temi di frontiera che interpellano in modo esigente i popolari di ispirazione cristiana impegnati in politica": lo dichiara l'onorevole Lorenzo Dellai, presidente di Democrazia Solidale e capogruppo di De.S-CD alla Camera.

«Gli stranieri, e i loro figli, non sono solo una "scomodità". Se ben gestiti, nella sicurezza e nella legalità, si trasformano in una grande risorsa, di cui il Paese ha bisogno e non può più fare a meno. Una risorsa sia economica che demografica. Basterebbe solo
anteporre agli egoismi di parte gli interessi della nazione».
Così scrive il direttore di Vita Pastorale, don Antonio Sciortino, in un articolo (Ma questi bambini sono già italiani di fatto) che appare sul numero di ottobre del mensile paolino, a proposito dell'accantonamento della legge sullo jus culturae in Parlamento.

Dopo aver stigmatizzato la speculazione politica di chi mescola la legge con lo sbarco dei profughi e con il terrorismo, Sciortino precisa: «Una miopia politica, tutta italiana, masochista e priva di una visione di futuro, costringe questi ragazzi a crescere senza diritti e con sentimenti di ostilità nei confronti del Paese che li ospita». Un Paese, sottolinea il direttore del mensile che
«si avvia a una sorta di suicidio demografico» e che agisce in modo schizofrenico, perché pretende dai nati in Italia quello che «non pretende dai discendenti dei nostri emigrati all'estero. Questi non parlano la nostra lingua, spesso non amano neppure l'Italia, non
riconoscono le nostre istituzioni, non pagano le tasse da noi... eppure abbiamo dato loro la cittadinanza, possono votare e avere i loro rappresentanti in Parlamento».

Pertanto don Sciortino definisce «una resa e una sconfitta» il rinvio di «una legge giusta e di civiltà… quel che è nell'interesse del Paese è affossato per giochi politici: una merce di scambio da usare nelle trattative».

A fianco dell'articolo di don Sciortino, quello del gesuita della Civiltà Cattolica, padre Francesco Occhetta (Chiamiamoli per nome), che invita, soprattutto gli operatori pastorali e le parrocchie, a guardare con obiettività il fenomeno delle migrazioni, senza cadere nella "sindrome dell'invasione", tenendo presente che il 54% degli immigrati sono cristiani, non islamici, e che contribuiscono per un punto percentuale al Pil del Paese. Da qui, afferma padre Occhetta bisogna partire per creare una pastorale sociale nuova che preveda integrazione ed eviti la crescita di sentimenti razzisti anche nelle parrocchie: laddove si avviano percorsi di conoscenza e si conoscono le storie delle persone vengono meno i pregiudizi e ci si integra più facilmente.

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