mercoledì 11 settembre 2019
Un giovane su quattro non studia, non lavora e non è in formazione. Ma aumentano i laureati
Istruzione, crescono i “Neet”. Da sostituire metà dei docenti
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Aumentano i giovani laureati, ma anche i Neet, di cui una quota significativa è composta da ragazze. Il tasso di piena scolarizzazione è già raggiunto nella scuola dell’infanzia (con il 94% dei bambini tra i 3 e i 5 anni iscritti all’asilo), ma abbiamo la classe docente più anziana in assoluto e dovremo sostituire la metà degli insegnanti entro i prossimi dieci anni. Le donne hanno un livello di istruzione più elevato rispetto agli uomini (34% di laureate contro una media complessiva del 28%), ma hanno stipendi inferiori del 30% di quelli dei colleghi, a parità di titolo. È un’Italia in chiaroscuro, quella che esce dal rapporto Ocse “Uno sguardo sull’istruzione 2019”, diffuso dall’Organizzazione dei Paesi industrializzati. Una fotografia che conferma mali antichi e indica possibili piste di lavoro.

Crescono gli scoraggiati

La prima, dolorosa, conferma è relativa alla popolazione dei Neet, i giovani con un’età compresa tra i 18 e i 24 anni, che non lavorano, non studiano e non frequentano corsi di formazione. Rispetto a una media Ocse del 14%, in Italia sono il 26% della popolazione considerata. E arrivano fino al 37% per le donne tra i 25 e i 29 anni, mentre scendono al 26% per gli uomini della stessa coorte. Inoltre, sottolinea il rapporto dell’Ocse, l’Italia e la Colombia sono gli unici due Paesi con tassi superiori al 10% sia per quanto riguarda gli inattivi che i disoccupati, tra i 18-24enni. Sempre l’Italia (e la Grecia) sono gli unici due Paesi in cui più della metà della popolazione dei 18-24enni è rimasta senza lavoro per almeno un anno.

Abbiamo i prof più vecchi del mondo

E non va meglio sul versante degli insegnanti. I nostri sono tra i più vecchi in assoluto, con la quota di ultra 50enni che è arrivata al 59%, di cui il 3% tra i 50 e i 59 anni, rispetto allo 0,5% di docenti giovani, tra i 25 e i 34 anni. Anche il salario non è equiparato a quello degli altri Paesi. Da noi il rapporto tra stipendio iniziale e a fine carriera è di 1,5 contro una media Ocse di 1,7. Per questa ragione, osserva il Rapporto, il 68% degli insegnanti italiani ha dichiarato che migliorare i salari dovrebbe essere una priorità di spesa.

Più giovani laureati

Tra le buone notizie, c’è, invece, l’incremento dei giovani laureati, anche se, a livello generale, il nostro Paese resta ancora nelle retrovie per quanto riguarda l’istruzione terziaria, con il 19% di 25-64enni laureati, rispetto a una media Ocse del 37%. Tra i 25-34enni, la quota di laureati sale al 28% e raggiunge il 34% tra le ragazze. Va peggio, per i giovani, sul fronte del lavoro, visto che il tasso di occupazione dei 25-34enni laureati è del 67%, rispetto all’81% dei 25-64enni. L’ingresso nel mondo del lavoro è più agevole, inoltre, per i laureati in discipline Stem (Scienze, tecnologia, ingegneria e matematica), con l’87% di occupati tra i laureati in tecnologie dell’informazione e della comunicazione e l’85% tra gli ingegneri. Che rappresentano, però, soltanto il 15% di tutti i laureati, rispetto al 29% (seconda quota più alta tra i Paesi Ocse), di laureati in discipline artistiche e umanistiche, che hanno un tasso di occupazione, rispettivamente, del 72% e del 78%.

Investimenti: si può fare di più

Infine, l’Italia si conferma maglia nera per gli investimenti in istruzione, con una spesa pari al 3,6% del Pil, inferiore di 5 punti rispetto alla media Ocse e ulteriormente diminuita del 9% tra il 2010 e il 2016. Un calo più rapido, rispetto a quello degli studenti, il cui numero, nello stesso periodo, è diminuito dell’8% nell’istruzione terziaria e dell’1% in quella primaria e secondaria.

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