martedì 24 gennaio 2017
Il gestore del rifugio Pomilio: ho dovuto mandar via i clienti, chi dovrebbe liberare la strada non lo fa
Il rifugio Pomilio in mezzo alla bufera di neve

Il rifugio Pomilio in mezzo alla bufera di neve

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Quand’è iniziato a nevicare più forte, ha preso in mano il telefono e ha disdetto le prenotazioni. Tutte. Poi ha spedito la famiglia a Pescara. Adesso è lassù. Solo. Lui e la neve. Metri di neve, un muro. Roberto D’Emilio gestisce il rifugio Bruno Pomilio di Rapino, sulla Majella teatina. «La disgrazia del Rigopiano non ha insegnato nulla – commenta al telefono – e le istituzioni continuano ad abbandonare le strutture ricettive al loro destino, convinti che l’inverno passi. Noi non corriamo rischi di slavine, ma troppi politici si riempiono la bocca di turismo e sicurezza, per poi scaricare sui cittadini e le imprese il prezzo della loro inerzia». D’Emilio è esasperato. Ha dovuto mandar via i clienti e la sua famiglia - la moglie è cardiopatica - e non è bastato: «Malgrado gli impegni pubblici e le carte, malgrado le diffide e le denunce, nessuno ha liberato la strada e sono isolato da giorni. Mi hanno proposto di abbandonare il rifugio, io però non lascio la mia azienda incustodita; ho già dovuto togliere la corrente ai frigoriferi, condannando alla discarica 7mila euro di riserve di cibo».

Sventola con rabbia l’accordo di programma del 2003 che impegna l’Ente Parco a garantire “l’utilizzo veicolare” in sicurezza. Aggiunge amaro: «La Provincia dovrebbe vigilare...» Siamo sul tetto della Majella, a quasi duemila metri, dove termina la strada dell’ente Parco Majella (ex S.S. 263) che da Pretoro sale al Blockhaus. Regno degli sciatori, quando la neve non esagera. «Esiste un impegno scritto precisa il gestore - in base al quale l’Ente dovrebbe ripulire la strada per consentire il transito in sicurezza, ma non viene rispettato. Ho chiesto anche un preventivo per sobbarcarmi quest’onere, poiché pensavo che sarebbe stato comunque meglio che rinunciare alla stagione turistica, tuttavia mi hanno chiesto 15mila euro; non posso permettermeli e non sarebbe neanche giusto». Il sito internet del rifugio avvisa prudenzialmente che «la carrozzabile è chiusa per neve da novembre ad aprile». Lui precisa: «una cosa è la prudenza e un’altra è l’isolamento in cui ci condanna chi trae vantaggio dalla nostra attività, visto che paghiamo le tasse e alimentiamo il turismo».

Il rifugio è dotato di 20 posti letto, un bar, una tavola calda e un ristorante, sala conferenze e biblioteca multimediale. È di proprietà del Cai di Chieti ed è rimasto chiuso, ricorda D’Emilio, «dal 2006 al 2015, cioè subito dopo l’istituzione del Parco (ieri pomeriggio irraggiungibile telefonicamente; ndr), perché i gestori precedenti avevano verificato l’impossibilità di proseguire in assenza dei servizi che l’Ente, evidentemente, non è in grado di assicurare». Parliamo di tre chilometri di strada di cui nessuno si cura in caso di neve. Peccato che la Majelletta, dove si trova il rifugio, sia una stazione sciistica.

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