sabato 17 settembre 2022
Il pulmino carico di aiuti in cui viaggiava il cardinale elemosiniere Konrad Krajewski insieme a due vescovi è stato raggiunto da colpi d'arma da fuoco. «Non sapevo dove fuggire»
Il cardinale Krajewski

Il cardinale Krajewski - .

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Anche l’inviato di papa Francesco finisce sotto i colpi dei militari russi. È successo al cardinale Konrad Krajewski, prefetto del dicastero per il Servizio della carità, inviato del Pontefice, per la quarta volta in terra ucraina seguendo tappe diverse fino al cuore del conflitto. Prima Odessa poi Zaporizhzhia, con l’intenzione di raggiunge Kharkiv.

Ma proprio nella città della maxi-centrale nucleare, mentre consegnava viveri e rosari donati dal Papa, è stato bersaglio dell’esercito di Mosca e si è salvato solo grazie al soldato ucraino che stava accompagnando lui e due vescovi, uno cattolico e uno protestante. Drammatico il messaggio audio che ci ha inviato.

«Oggi è un giorno particolare – dice – perché sono nove anni da quando il Santo Padre mi ha scelto come Elemosiniere e da quando sono stato ordinato vescovo». Era infatti il 17 settembre 2013 quando ha ricevuto la consacrazione episcopale in una Messa celebrata presso l’Altare della Cattedra nella Basilica Vaticana, alla presenza di papa Francesco. Poi tante missioni tra i più deboli, i fragili, i dimenticati della terra. Spesso da solo alla guida di un furgone bianco con la targa vaticana.

E così è stato anche ieri, col mezzo carico di viveri e di quanto può servire alle popolazioni in zona di guerra. Aiuti e una parola di conforto. «Siamo andati alla frontiera, alla zona di guerra. Abbiamo caricato un pulmino e siamo andati proprio lì dove oltre i soldati non entra nessuno». Là i russi sparano appena qualcosa si muove. «La gente era stata avvisata che venivamo e si sono radunati nei posti indicati dai soldati». Zona ad altissimo rischio ma la missione era chiaramente umanitaria eppure evidentemente non sarebbe stata gradita dai militari russi.

Poi il racconto e la voce di padre Konrad si fanno drammatici. «Abbiamo scaricato i viveri e poi bisognava fuggire per non essere localizzati», «ma purtroppo alla seconda tappa si sono accorti e hanno cominciato a sparare. Meno male che c’era un soldato ucraino che ci ha detto dove nasconderci perché per la prima volta nella mia vita non sapevo dove fuggire. Non basta correre, bisogna sapere dove».

Questo non ha, però, fermato la missione dell’inviato del Papa. Così come racconta lui stesso. «Per fortuna tutto è finito bene e siamo andati in un altro posto fino ad esaurimento dei nostri aiuti. A tutti i soldati e alla gente abbiamo consegnato i rosari da parte del Santo Padre dando la sua benedizione e quasi tutti mettevano la coroncina del rosario sul collo». Padre Konrad, infine, saluta lasciandoci un messaggio di speranza ma anche angosciante: «Oggi è un giorno in cui bisogna pregare e dire solo “Gesù confido in te” perché sembra un buio totale».

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