sabato 29 maggio 2021
Il caposervizio Tadini ha ammesso di aver deciso lui di mantenere i forchettoni sui freni d'emergenza. Il direttore Perocchi: non sapevo, incredulo e inebetito
La procuratrice di Verbania Olimpia Bossi arriva nel carcere per eseguire gli interrogatori degli imputati della strage della funivia del Mottarone

La procuratrice di Verbania Olimpia Bossi arriva nel carcere per eseguire gli interrogatori degli imputati della strage della funivia del Mottarone - ANSA/TINO ROMANO

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Si sono svolti nel carcere di Verbania gli interrogatori dei tre fermati mercoledì scorso per l'incidente della funivia del Mottarone che ha causato domenica scorsa 14 morti, tra cui due bimbi, e un ferito grave, il piccolo Eitan di 5 anni ancora ricoverato.

Il primo ad essere ascoltato è stato il caposervizio dell'impianto Gabriele Tadini, difeso dal legale Marcello Perillo. L'uomo ha risposto alle domande dei magistrati. Il suo avvocato ha riferito che Tadini non mangia e non dorme da quattro giorni, e che avrebbe detto di essere "distrutto perché sono morte vittime innocenti. Porterò il peso per tutta la vita". L'avvocato ha manifestato al giudice il convincimento che non esistano motivazioni per la custodia cautelare. "In subordine - ha spiegato - ho chiesto l'applicazione della misura cautelare meno grave", ossia gli arresti domiciliari.

Già martedì sera Tadini aveva reso le prime ammissioni spiegando di aver deciso lui di piazzare e mantenere i forchettoni sulle ganasce che hanno disattivato il sistema frenante d'emergenza, che non è scattato quando il cavo traente si è spezzato. E lo ha fatto, come quasi "abitualmente" nell'ultimo mese, per evitare blocchi della cabinovia dovuti alle anomalie dei freni. Così però quando la fune si è spezzata la cabina numero 3 non è rimasta agganciata al cavo portante ed è volata via.

Oggi ai magistrati Tadini ha detto di non essere "un delinquente": "Non avrei mai fatto salire persone se avessi pensato che la fune si spezzasse". L'avvocato Perillo ha anche detto che il problema del cattivo funzionamento dei freni, ragione
per cui Tadini ha utilizzato il cosiddetto "forchettone", "non è in alcun modo collegabile al problema della rottura della fune trainante".

Dopo gli interrogatori degli altri due fermati "il giudice - ha detto l'avvocato - ci convocherà qua nel pomeriggio per la decisione". Il legale ha detto che Tadini davanti al gip ha sì ammesso l'uso dei blocchi alle ganasce del sistema frenante, ma si è "difeso sull'attività da lui svolta", soprattutto sul punto che non poteva sapere che la fune si sarebbe spezzata.

Il problema "manifestato dalla centralina della pompa frenante" che bloccava la funivia, ha detto Tadini, "non è collegato assolutamente a quello della fune". La difesa ha fatto presente di aver contestato l'accusa di falso, imputata a Tadini assieme all'omissione dolosa aggravata dal disastro e all'omicidio e alle lesioni colpose, perché "lui non è pubblico ufficiale". Il falso riguarda la compilazione con "esito positivo dei controlli" nel "registro giornale" anche il giorno stesso della tragedia, malgrado sentisse dei "rumori". È distrutto, ha concluso il legale, "è banale e scontato dire che si scusa, sono morte persone innocenti".

Per il procuratore Olimpia Bossi e il pm Laura Carrara (presenti agli interrogatori), che hanno chiesto per tutti la convalida del fermo e di custodia in carcere, la scelta di Tadini, come da lui stesso chiarito, sarebbe stata avallata per motivi economici dal gestore Luigi Nerini (avvocato Pasquale Pantano) e dal direttore di esercizio Enrico Perocchi (legale Andrea Da Prato).

Al gip del tribunale di Verbania, Perocchi ha detto di non aver condiviso la scelta di mettere i forchettoni ai freni. "Non salirei mai su una funivia con ganasce, quella di usare i forchettoni è stata una scelta scellerata di Tadini"; così il legale ha riferito le parole del suo assistito. L'avvocato Andrea Da Prato ha chiesto la libertà per il suo assistito: "È incredulo e inebetito", dice il difensore. Perocchi ha insistito sul fatto che "non poteva prevedere né sapeva che qualcuno avesse fatto uso scellerato delle ganasce"

Terzo ad essere stato sentito dal Gip è stato il gestore dell'impianto, Gigi Nerini. "La sicurezza non è affare dell'esercente" ha detto, secondo quanto riferito dal suo legale, l'avvocato Pasquale Pantano. "Per legge erano Tadini e Perocchi a doversene occupare", ha aggiunto. Nerini ha spiegato che lui si deve occupare degli "affari della società" e che "non aveva nessun interesse a non riparare la funivia".

Ora sarà il gip Donatella Banci Buonamici a dover decidere sulla convalida e sull'eventuale misura cautelare. Per la Procura ci sono tutte le esigenze cautelari: pericolo di fuga, di reiterazione del reato e di inquinamento probatorio. Fuori dal carcere, intanto, una persona manifesta con un cartello con su scritto "se colpevoli, ergastolo".

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