domenica 23 gennaio 2022
Perché i personaggi famosi non devono dare pessimi esempi.
Marco Melandri

Marco Melandri - Ansa archivio

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Una volta li chiamavano maestri, ora li definiscono influencers. La notorietà e la visibilità di cui godono molti protagonisti dello spettacolo e dello sport (ma anche della cultura e della scienza) fa sì che i loro comportamenti, le loro azioni, le loro parole influenzino grandemente le scelte di vita e le decisioni dei loro ammiratori e dei loro supporters. Per questo vi sono situazioni in cui non possono restare neutrali. Devono avere un atteggiamento sempre calibrato sulla consapevole responsabilità dell’influenza esercitata dai loro gesti quotidiani. Altrimenti danno pessimi esempi e diventano cattivi maestri.

Ne abbiamo avuto dimostrazioni recenti. Molti di coloro che sono abituati a raggiungere grandi traguardi sportivi si sentono Superman e si considerano diversi, superiori rispetto ai comuni mortali. Il loro corpo è diventato un meccanismo perfetto, tale da renderli praticamente invulnerabili. Per questo detestano sottostare alle regole che valgono per tutti gli altri. Il tennista Novak Djokovic, l’ex pilota motociclista Marco Melandri, lo sciatore Kristian Ghedina, il cestista Kyrie Irving non hanno bisogno, a loro avviso, del vaccino per difendersi da un avversario invisibile come il virus che sta provocando questa dannata pandemia. Chi è solito calcare le scene di un palcoscenico per recitare o per cantare ritiene che il successo raggiunto gli consenta di impartire incontestabili lezioni di vita. Così il cantante Miguel Bosè non esita a proclamare il suo negazionismo affermando che il Covid-19 non esiste, anche se la madre Lucia è morta all’inizio della pandemia proprio a causa del Covid. In passato si erano dichiarati scettici sulla pandemia e contrari alla vaccinazione anche alcuni famosi attori e cantanti italiani.

E’ cronaca di questi giorni invece la morte per Covid della cantante moldava Hana Horkò, 57 anni, voce del gruppo folk Asonance, convinta dai novax a farsi contagiare volontariamente piuttosto che sottoporsi alla vaccinazione: un comportamento sciocco e pericoloso, purtroppo in uso anche nel nostro Paese, con esiti però spesso tragici, come in questo caso. Chi è abituato per consuetudine accademica al ragionamento speculativo è portato a credere di possedere la verità assoluta e non ha dubbi nel proclamare che la libertà individuale non può mai essere subordinata a una responsabilità etica più grande, a favore di un più ampio bene per tutti. Ecco perché vi sono filosofi che giustificano atteggiamenti irresponsabili e pericolosi per la salute individuale e collettiva, come il rifiuto di seguire le evidenze della medicina e le indicazioni della legge.

Chi è balzato agli onori della cronaca per meriti sanitari rischia di essere tradito dalla sua stessa fama, com’è accaduto al premio Nobel per la medicina 2008, il biologo francese Luc Montagnier, che ha fatto recentemente in pubblico dichiarazioni assurde e prive di validità scientifica, dando credito a chi ha posizioni negazioniste e no-vax: sostenere la dannosità dei vaccini e proporre una terapia a base di antibiotici per combattere il coronavirus ! Che dire poi dei medici (anche se non famosi comunque sempre autorevoli figure di riferimento in ambito sanitario) che rinnegano le basi scientifiche della loro professione rifiutando di vaccinarsi e sconsigliando di farlo anche ai loro pazienti, infrangendo, oltre che la legge, anche il codice deontologico? Sono persone che hanno dimenticato il valore della scienza, perso il senso della realtà e smarrito il significato della loro professione. Un 'mestiere' che farebbero meglio a cambiare. Per chi eccelle nello sport, nello spettacolo, nella cultura, nella scienza essere cattivi maestri è imperdonabile.

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