venerdì 6 agosto 2021
Sequestrati il cellulare e il diario della donna morta stritolata nella fabbrica di packaging
La fabbrica per la quale lavorava la donna morta sul lavoro

La fabbrica per la quale lavorava la donna morta sul lavoro - Ansa

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Un difetto documentato e segnalato, ma al quale nessuno aveva messo mano. Laila El Harim, la 41enne morta martedì, dilaniata dalle lame della fustellatrice (sotto sequestro e sottoposta a perizia tecnica) alla quale stava lavorando nell’azienda di packaging Bombonette di Camposanto (Modena), aveva ripreso il blocco col suo telefonino. Foto e video, ogni volta che la macchina si inceppava. Quello che cerca di capire la procura di Modena - che ha sequestrato il cellulare - è se questo materiale fosse stato o meno inviato a capi e tecnici. Pare che la donna avesse fatto presente il problema, del quale peraltro si lamentava spesso, sfogandosi col fidanzato.

Di questo dovrà rispondere, oltre al legale rappresentante dell’azienda, anche suo nipote, delegato alla sicurezza, che diventa quindi il secondo indagato per omicidio colposo. La donna era molto scrupolosa: annotava il resoconto di ogni giornata in un diario (sequestrato), pur senza fare riferimenti specifici. La vittima, ha confermato il procuratore di Modena Luca Masini, è stata trovata dentro al macchinario, quindi occorre capire come sia stato possibile entrarvi senza che la fustellatrice si fermasse. Altre verifiche riguarderanno il rispetto dell’orario di lavoro e la formazione fornita alla dipendente. Del caso ha parlato anche il ministro del Lavoro Andrea Orlando: «Se fosse vero quello che emerge dalle prime indagini – spiega – tutti i controlli del mondo non servirebbero. Se una macchina durante il controllo risulta idonea, ma poi viene disattivato il suo dispositivo di sicurezza, tutti gli sforzi vengono vanificati. Se si ripete questa vicenda bisognerebbe mettere a punto una normativa che determini un curriculum delle imprese».

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