martedì 4 febbraio 2020
Le fiamme sarebbero state provocate dallo scoppio di una bombola di gas all'interno di una baracca. L'immigrata africana ha ustioni anche di terzo grado sull'80-90 per cento del corpo
L'insediamento abusivo di Borgo Mezzanone, nel Foggiano

L'insediamento abusivo di Borgo Mezzanone, nel Foggiano - Archivio Ansa

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Nuovo incendio nel ghetto della "ex pista" di Borgo Mezzanone nel Foggiano. Le fiamme, a quanto sembra, sono state provocate dallo scoppio di una bombola di gas all'interno di una baracca. Una donna nigeriana è gravissima, con ustioni anche di terzo grado sull'80-90% del corpo, ed è stata trasportata d'urgenza al Centro grandi ustionati del Policlinico di Bari. L'esplosione è avvenuta verso le 2,30 della scorsa notte. Sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco che hanno estratto la donna dalle macerie. Oltre a quella della donna le fiamme hanno distrutto altre sette baracche. E infatti anche altri immigrati si sono fatti medicare ustioni leggere dai medici di Intersos, presenti col centro medico mobile.

Sono purtroppo tanti gli incendi che hanno interessato l'enorme baraccopoli che arriva ad ospitare fino a più di 4mila braccianti immigrati, soprattutto nel periodo della raccolta del pomodoro. Chiamata "ex pista" perché sorge su un'area dell'Aeronautica militare, è un "non luogo" di emarginazione, violenza e illegalità. Il 6 novembre 2018 era morto il giovane gambiano, Bakary Secka, per gravissime ustioni riportate nell'incendio del 30 ottobre nel quale erano rimasti feriti altri tre immigrati. Il 26 aprile 2019 un altro gambiano, Samara Saho di 26 anni era morto tra le fiamme della sua baracca, probabilmente per un corto circuito partito da uno dei tantissimi allacci abusivi alla corrente elettrica che si trovano nella baraccopoli.

E le fiamme hanno colpito più volte anche gli altri ghetti foggiani. Il 9 dicembre 2016 un ragazzo di 20 anni, Ivan Miecoganuchev era morto carbonizzato in un violento incendio della sua baracca nel cosiddetto "Ghetto dei Bulgari", in località "Pescia", non lontano da Borgo Mezzanone. Nel "gran ghetto" sorto nelle campagne tra San Severo e Rignano Garganico in località Torretta Antonacci, il 3 marzo 2017 sono morti bruciati due migranti di 33 e 36 anni entrambi originari del Mali, Mamadou Konate e Nouhou Doumbia. E proprio il "gran ghetto" è poi andato distrutto quasi per metà nella notte del 3 dicembre 2019. In cenere oltre cento baracche, lasciando senza riparo più di 400 braccianti immigrati.

Per fortuna solo una donna era rimasta ustionata ma non gravemente. È il secondo grande incendio che colpisce l'insediamento. Il primo, come detto, aveva provocato la morte dei due ragazzi del Mali. Fiamme scoppiate mentre era in corso lo sgombero ordinato perché i terreni sui quali si trovava la baraccopoli, di proprietà regionale, erano finiti sotto sequestro della Dda di Bari. Ma dopo pochi mesi il "gran ghetto" è rinato a cinquanta metri di distanza, un fittissimo agglomerato di baracche e roulotte scassatissime, abitato nella stagione di maggiore attività agricola da più di 1.500 braccianti, cresciuti anche in conseguenza delle norme del cosiddetto "decreto sicurezza".

Dopo l'incendio di dicembre, per ospitare chi era rimasto senza un tetto, si è realizzata una tendopoli proprio su quel terreno sequestrato e sgomberato quasi tre anni fa.

«Stiamo procedendo ad un progressivo svuotamento di tutti gli insediamenti abusivi. Dallo scorso anno abbiamo già bonificato un’area di Borgo Mezzanone per circa sette ettari. Ne rimangono ancora 13», ha spiegato il prefetto di Foggia Raffaele Grassi. «Abbiamo avviato, in accordo con la Regione, una serie di iniziative per garantire ai migranti condizioni di vita più dignitose – ha aggiunto Grassi –. A breve sarà operativa a San Severo la foresteria presso l’azienda agricola Fortore da 400 posti letto. Stiamo coinvolgendo anche tutti i sindaci di Capitanata per sviluppare progetti di accoglienza diffusa soprattutto in quei piccoli borghi in via di spopolamento». Secondo il prefetto «queste operazioni di svuotamento porteranno anche ad azioni di contrasto al caporalato».

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